2.8.05

Operatori sull'orlo di una crisi di nervi.

La prima domanda di chi legge potrebbe essere: operatori di che genere?
Protagonisti di questa riflessione agostana sono quegli strani personaggi che popolano le centrali operative di societa' che gestiscono l'assistenza per i clienti delle assicurazioni, delle case costruttrici di auto in garanzia, delle banche, dei tour operator e quant'altro.
Non faccio nomi ma se provate a pensare a chi avete chiamato, disperati e col cellulare semiscarico, l'ultima volta che vi si è fermata la macchina in autostrada, alle 2 del pomeriggio di un'afosa giornata di luglio saprete di chi parlo.
Ne parlo con cognizione di causa dato che è il secondo anno che faccio questo lavoro part time.
Che siano degli strani personaggi è un dato di fatto e sono loro stessi a dirlo.
Una delle battute che più di frequente rimbalza sulle bocche del popolo delle c.o. (centrali operative n.d.r. ;-) è che sulle porte delle sacre stanze dei selezionatori del personale dovrebbero essere affissi cartelli con scritto “se non sono strani, non li vogliamo”.
In effetti anche se in fase di colloquio di selezione sei riuscito a nascondere la tua disperata normalità pur di essere assunto, puoi star certo che una volta lì dentro la metamorfosi sarà lenta ma costante e assolutamente irreversibile.
La seconda domanda di chi legge potrebbe essere: cosa hanno a che fare gli operatori di cui sopra con un sito dedicato alla comunicazione?
Il punto è che gli operatori di queste centrali sono prima di tutto proprio dei comunicatori.
La voce e la parola sono il loro principale strumento di lavoro nonché la capacità di entrare in rapport con il cliente, di capire le sue esigenze e di risolvergli il problema, piccolo o grande che sia.
Gli operatori non sono centralinisti come spesso pensano coloro che non hanno esperienza nel campo.
Non si limitano a rispondere, o almeno non è questo che dovrebbero limitarsi a fare, devono ascoltare, capire, risolvere.
Se vi sembra poco pensate di farlo per 5,6, 8 ore al giorno una chiamata dopo l'altra, una richiesta dopo l'altra, una lamentela dopo l'altra in una sequenza infinita che ti si rovescia addosso a ondate successive: uno tsunami telefonico che il donchisciottesco operatore, armato di cuffietta e in sella al suo fido computer, tenta disperatamente di arginare con la costante sensazione di essere come quel tizio che voleva svuotare il mare con un cucchiaio.
Disperante, vi assicuro!
Dall'altra parte di quelle cuffie c'è il più ampio campionario di umanità che si possa immaginare e ogni persona chiede e si aspetta, anche se solo per pochi minuti, la più completa attenzione alla sua richiesta, al suo problema, al disagio più o meno grande che sta vivendo.
La voce è l'unico strumento che operatore e cliente hanno a disposizione per comunicare, ed è come camminare sul ciglio sottile di una parete a strapiombo: basta una parola non detta o viceversa una parola di troppo, un'inflessione sbagliata nel tono della voce, l'incapacità del momento di capire il non detto, ciò che si nasconde tra le righe della richiesta del cliente, per trasformare la banale richiesta di un carro attrezzi o di un'auto in sostituzione in uno scontro frontale tra lottatori di wrestling impazziti.
Ci sono momenti esilaranti come il caso di quel tizio che in puro romanesco esordisce dicendo: “Signorina, qui ci sta bisogno d'u carrattrezzi che mi si è asciugata a' batteria”, o quello della signora che, rimasta in panne alla periferia di una cittadina abruzzese, chiede da dove le rispondo e quando sente che la centrale operativa è a Milano, entra in panico: “Come da Milano? Ma io non posso star qui tutta la giornata ad aspettare il carro attrezzi da Milano! E poi il carro attrezzi mi porta la macchina a Milano??? Ma che razza di servizio è scusi?”...il tutto senza prender fiato una sola volta e con una crisi cardiaca in agguato dietro l'angolo :-)
Ma ci sono anche momenti tristi e difficili.
La signora che chiede di organizzare il rientro anticipato della figlia in vacanza a Cuba e che, alla richiesta della motivazione, risponde con voce improvvisamente incrinata che il marito è in fin di vita e sua figlia deve tornare in tempo per poterlo salutare.
Ho risposto a questa chiamata pochi giorni fa.
Non conosco quella famiglia ma mi sono sentita colpita e triste per loro, ho azzardato un flebile “Mi dispiace davvero.” con il timore che potesse essere scambiato per la frase di circostanza che l'operatore bene addestrato è tenuto a dire.
Non era così e credo che la signora abbia colto la differenza.
O, ancora, rispondere alla chiamata di un capogruppo che chiede di organizzare il rimpatrio della salma di un componente del gruppo di viaggio morto per embolia durante un'immersione: 34 anni, marito, padre di 2 figli e con il terzo in arrivo, come si scopre in seguito.
Il blackout della notte di Settembre di due anni fa, gli attentati a Taba e Madrid, lo tsunami nel sud-est asiatico, la morte del Papa, Londra e Sharm el Sheik, gli aspiranti suicidi del sabato sera, gli esodi vacanzieri ma anche i week end fuori porta di inizio estate, il derby, i lunedì neri che si ripetono con la sconcertante regolarità di uno a settimana, i terremoti, le meteore e i dissesti orbitali.
Qaulunque cosa capiti, se fai l'operatore in una centrale operativa prima o poi ci vai a sbattere contro.
Operatori sull'orlo di una crisi di nervi, appunto.