Quale sarcasmo?
La parola sarcasmo
già nell’etimo è inquietante:
sarkasmós, in greco, deriva da sarkázō che significa
“dilanio, strappo la carne, mordo”.
All’acuta salacità che caratterizza quello che
più che uno scivolone è talvolta un’attitudine,
si accompagnano spesso animosità e insoddisfazione.
E fin qui niente di nuovo: alzi la mano
chi non è mai stato oggetto o soggetto di sarcasmo.
Di nuovo c’è, invece,
lo studio condotto da Katherine Rankin
presso l'Università della California a San Francisco,
e riportato qualche giorno fa dal New York Times.
E la novità sta nel fatto che,
diversamente da quanto si credeva finora,
l’ “area del sarcasmo” niente ha a che fare
con l’emisfero sinistro,
dove nascono il linguaggio e le interazioni sociali.
Secondo questo studio,
percezione e comprensione delle frasi pungenti
risiedono invece in una zona neurale dell’emisfero destro,
chiamata giro paraippocampale destro,
cui finora veniva attribuita la sola capacità
di rilevare contesti visivi,
ma che invece si è rivelata avere anche una sensibilità sociale:
“The left hemisphere does language in the narrow sense,
understanding of individual words and sentences […].
But it’s now thought that the appreciation of humor
and language that is not literal, puns and jokes,
requires the right hemisphere.”
Pur senza arrivare ai casi limite di lesioni dell’area,
produzione linguistica e capacità di riconoscere
il senso di battute pungenti
sono indipendenti, e variabili da soggetto a soggetto.
Niente di strano, quindi,
se al prossimo tuo gioco di parole
anche il più attrezzato degli interlocutori
rimarrà candidamente basito.
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