Birra + Tenerezza = ?
L'altro giorno ho avuto la fortuna di partecipare ad un corso di storywriting della Palestra della scrittura: era il primo per me; non avevo idea di cosa si facesse anche se avevo già preparato il mio quaderno di battaglia pronta a scrivere pagine e pagine di appunti.
Le mie aspettative vengono subito disattese quando all'inizio del corso il docente, Alessandro Lucchini, ci fa fare un esercizio chiamato "il binomio fantastico": scelte due parole casuali si abbinano con una preposizione articolata (della, con la, sulla, alla ...) e si comincia a scrivere una storia dando libero sfogo alla creatività.
Ecco due risultati dell'esercizio.
La tenerezza della birra
Era stata una giornata da dimenticare con un finale decisamente drammatico. Lei, reduce, tornava a casa e pensava che la cosa peggiore era che non avrebbe potuto raccontare a nessuno quello che aveva passato, il suo stato d'animo. "I sentimenti", si ripeteva "non si adattano alle persone sole". Era forse la prima volta che era così nitida con se stessa, tanto da ammettere di aver un gran bisogno di tenerezza.
Non scese alla sua solita fermata.
Sarebbe voluta restare sul tram il tempo necessario alle stagioni per cambiare, ma un brusco quanto reale "termina!" la travolse.
Scese e all'improvviso notò, come in un film prevedibile, un piccolo bar dall'altra parte della piazza. Rimase di stucco, non aveva mai visto quel bar, almeno non da quando aveva iniziato a recitare la parte di donna in carriera, donnaansiosadiarrivaredovenonsisa.
Automaticamente si diresse da quella parte e tanto più si avvicinava, tanto più la sorprendevano dei lampi, dei flashback che le ricordavano quando lei, adolescente, non fingeva e usciva speranzosa di trovare negli altri un po' di quella tenerezza di cui tanto sentiva il bisogno.
Con gli anni però aveva imparato che quella mancanza non veniva colmata dagli altri, che per lei erano una costante delusione, ma da se stessa. Continuava ad andare nei bar, è vero, ma non si truccava né si vestiva più per l'occasione, ci andava solo per assaporare la sua birra.
Anzi, neanche per questo, ma per arrivare, bevendo, a quel momento cruciale che dura solo un attimo in cui il cuore si apre e riflette la bellezza del mondo.
La tenerezza della birra, lei la chiamava; altri alcolismo, altri ancora, utopia.
Anna
Birra …………..che tenerezza!
Stavo seduta ai tavolini di un locale trendy in una delle più belle ed accoglienti piazze di Kreuzberg, il quartiere turco di Berlino, l’aria era frizzante ma il sole di aprile emanava un dolce tepore sulla mia pelle ancora pallida. Osservavo sorniona gli altri clienti che come me si godevano questo anticipo d’estate: giovani berlinesi assorti nelle loro letture davanti a piatti stracolmi di cibo per ottemperare all’imperdibile rito del brunch domenicale.
Il calore della giornata e l’interessante incursione tra i negozi di mercanzia etnica del quartiere, mi avevano invogliato ad ordinare una birra. Stava lì sul tavolino e colpita dai raggi del sole emanava continui scintillii attraverso le sfaccettature del bicchiere esaltandone il colore oro chiaro simile ai capelli dei ragazzi che avevo seduti accanto a me. L'immagine improvvisamente, mi provocò un tuffo al cuore evocandomi l’incontro con il “ragazzo delle bici” a Posdam due giorni prima. Quel giorno ero decisa a visitare la villa di Sanssouci ed a scorrazzare in bicicletta negli estesi parchi intorno alla villa. Ero uscita dalla stazione ferroviaria con in mano la guida che mi indicava un noleggiatore di bici proprio di fronte, alloggiato in un container.
Identificato, mi diressi verso il container. Notai subito un ragazzo biondo, con dei bellissimi capelli biondi ondulati che gli sfiorano le spalle, intento a riparare una bicicletta. Non si era accorto di me ed io ebbi qualche minuto per osservare la scena. Chino sulla bicicletta, a torso nudo, rivelava un fisico muscoloso e asciutto, con una pelle leggermente ambrata che faceva risaltare il color oro chiaro dei suoi capelli. L’immagine mi turbò molto, pensai a quanto tempo non sentivo il contatto con il corpo di un uomo, e mi immaginai la sensazione delle sue muscolose braccia e del suo petto nell’atto di un tenero ed appassionato abbraccio. Una voce mi fece trasalire, era lui che ne frattempo si era alzato e mi stava chiedendo cosa volevo. Imbarazzatissima, come se lui potesse leggere i miei pensieri, mi feci dare in tutta fretta una bicicletta, che inforcai velocemente.
Per tutta la giornata pedalai furiosamente sotto un sole impietosamente bruciante, per allontanare quell’immagine dolce ma allo stesso istante dolorosa , ma soprattutto in preda all’ansia di doverlo rivedere a fine giornata. Con mio sollievo (o rammarico?) era stato sostituito da un collega……….
Le immagini sfumarono e mi ritrovai con lo sguardo sul bicchiere di birra. Incredibilmente la schiuma vaporosa ed il colore mi ricordavano il ragazzo, avvicinai le labbra al bordo socchiudendo gli occhi, aprii le narici per sentirne la fragranza e con avidità assaporai la tenerezza della birra conscia di perpetrare in realtà un rito amoroso in onor suo.
Mi abbandonai alla leggera ebbrezza che mi stava invadendo, gustandomi gli ultimi momenti della mia vacanza-fuga. Lentamente la malinconia lasciò il posto all’eccitazione pensando al mio ritorno a Milano. Improvvisamente avevo voglia di ballare e di rivedere miei amici del tango. Ma soprattutto rivedere lui, quel ballerino del primo corso, che io avevo notato e che scherzosamente avevo soprannominato “Shall we dance” , perchè si presentava in giacca e cravatta, con un’aria sognante e romantica: di nuovo il mio cuore riprese a battere all’impazzata…………….
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