8.9.08

Che ne sarà di noi

Ci sono periodi in cui ci confrontiamo potentemente
con le aspettative: e quello che ci si aspetta o si prevede
non corrisponde quasi mai a quello che davvero sarà.

Fatto sta che nell’italiano corrente il termine aspettative
finisce col coincidere con speranza, il che la dice lunga
specie in frasi ricorrenti come questa:
ha deluso tutte le loro aspettative.

Questo pensiero mi arriva in compagnia del verbo diventare:
vale a dire “passare da una condizione a un’altra, nuova, e
assumere la qualità indicata dal complemento predicativo”:
diventare grande, per esempio.

Le aspettative arrivano a braccetto col diventare
anche perché entrambi, proiettati nel futuro,
cedono alla tentazione di bypassare
quello che Pennac chiama il presente d’incarnazione,
il qui e ora.
Nel testo citato, Pennac ne parla a proposito del tempo
di apprendimento scolastico,
ma possiamo conferirgli questo significato più ampio:
quello del vivere a pieno il momento che si sta vivendo.

Vale per tutti.
Anche per quei milioni di studenti che tra oggi e il 17
ripartono con la scuola,
e ingaggeranno potenti corpo a corpo
con quello che ci si aspetta essi diventino.

E in merito sono davvero amabili alcune righe del citato
Diario di scuola, e quasi vorrei trascriverle,
ma mi fermo all’aneddoto:
il prof. Pennacchioni è al telefono con una madre
angosciata per il futuro del figlio,
e al suo ennesimo:
- Ma che cosa diventerà?
prova con una barzelletta:

- Lo sa qual è l’unico modo per far ridere il buon Dio?
Esitazione all’altro capo del filo.
- Raccontargli i propri progetti.


Żyj chwilą bieżącą,
che qui è un po’ come dire:
goditi il presente.
.

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