4.8.08

Riscoprire l’istinto primordiale a scrivere anche all’interno delle organizzazioni.

Questi giorni leggo spesso richiami alla necessità di fermarsi, di trovare spazi per riflettere, per pensare, perfino il candidato alla presidenza degli Stati Uniti d’America Obama dichiara, in una recente intervista pubblicata sul Corriere della Sera di aver inserito nella sua agenda personale dei momenti di pausa dedicati alla riflessione.
Io condivido pienamente quest’idea e trovo indispensabile “istituzionalizzare” questi momenti anche all’interno delle organizzazioni, mi spiego meglio, penso che nella definizione dei vari processi aziendali si debba tener conto anche di questi spazi, di questi tempi, portando alla luce, rendendo vivi, quelli che troppo spesso citiamo come tempi morti.
Ho inoltre spesso legato questi momenti alla scrittura, perchè niente come l’atto di scrivere ci costringe a pensare e, soprattutto, a ripensare.
Ho trovato illuminante il brano di David Grossman riportato da Giulia Crivelli nella rubrica L’ULTIMA PAROLA su Nova24del 31 luglio, un brano tratto dal libro “Con gli occhi del nemico”, breve saggio pubblicato da Mondadori in cui Grossman riflette sul valore della letteratura e sulla difficoltà di “raccontare la pace in un Paese in guerra”.
Scrive Grossman: “
Se mi chiedeste di descrivere i caratteri che trasformano una persona in uno scrittore parlerei, per prima cosa, del potente impulso a creare delle storie; a organizzare entro il contesto di una trama quella realtà che non di rado risulta caotica e incomprensibile; a trovare in tutto ciò che accade i nessi evidente e quelli occulti, capaci di dare un significato particolare; a evidenziare in ogni evento i tratti “avvincenti”, e a farvi spiccare i “protagonisti”.”

Capirete che già questo incipit potrebbe essere facilmente trasformato in manuale d’istruzione per la narrazione organizzativa, Grossman nel suo elenco riporta infatti tutti gli elementi di un efficace relazione: contestualizzazione, legami e relazioni, senso e significato e persone coinvolte. (Nella definizione di nessi evidenti e occulti, ritroviamo Weick che in “Organizzare” ci ricorda come sia fondamentale, nell’analisi organizzativa, far emergere le “consuetudini”.)

Del brano vorrei inoltre sottolineare anche quest’altro passaggio: “Ovviamente tra le cose che trasformano una persona in uno scrittore menzionerei anche il desiderio di comprendere, attraverso la narrazione, il mondo e l’uomo, in tutti i suoi aspetti, contraddizioni e illusioni; e si può aggiungere anche l’aspirazione che lo scrittore nutre di conoscere se stesso, di dare voce a tutte le correnti che passano impetuose dentro di lui. Chi non ha in sé questo desiderio, questo impulso primario, è difficile che sia capace – sempre che lo voglia – di sostenere quell’immenso sforzo spirituale che lo scrivere comporta.” .
In questo caso possiamo leggere nelle parole di Grossman l’opportunità, nell’atto dello scrivere, di fare un bilancio personale, un’autovalutazione sulla quale costruire un proprio piano di miglioramento, indispensabile per una costante crescita professionale, esprimendo e valorizzando tutti i nostri talenti.

E’ su quest’ultimo movente dello scrivere, citato da Grossmam, che voglio concludere: “il movente di cui parlo è l’aspirazione a rimuovere, volontariamente, ciò che mi difende dall’altro. L’aspirazione ad abbattere quella parete divisionario, per lo più invisibile, che separa me dal prossimo (chiunque egli sia), verso il quale provo un interesse fondamentale, profondo; l’aspirazione a espormi in tutto e per tutto, senza alcuna difesa, di fronte alle personalità e alla vita di un altro individuo, alla sua interiorità più segreta e autentica, primordiale.”
Scrivere per aprirsi e per comprendere meglio le ragione dell’altro, quale grande medicina per le nostre organizzazioni.

Massimo Piazzi.

Etichette: ,