Il non detto
Il non detto: quante volte lo cerchiamo, in una lettera, in una mail, in una brochure? E’ del non detto che ci affasciniamo. Il detto ci indica, il non detto ci seduce (Italo Calvino: "scrivere è sempre nascondere qualcosa, in modo che poi venga scoperto).
E’ così anche con le persone. Quando iniziamo a dialogare con una persona molto spesso ci affascina più ciò che non è reso esplicito rispetto a ciò che viene detto. Perché? Perché il “non detto” è misterioso, è qualcosa che ci induce ad andare oltre. Vorremmo scoprire – sempre che la persona ci interessi – ciò che nasconde dietro le parole. Lì c’è la sua storia. Ciò che viene detto ci indica, così nella scrittura, così nei rapporti umani. Ci guida verso una direzione. Ma la vera magia è scoprire ciò che sta dietro. E’ questo che - consciamente o inconsciamente – ci attrae.
Il “non detto” è anche quello che vorremmo sentirci dire o leggere. O ancora, ciò che ci fa stare male. A volte è un macigno che si trova lì, tra la bocca dello stomaco e il cuore. Non va né su né giù. Viene alimentato quando ripensiamo a quella persona o situazione nella quale siamo stati incapaci di parlare, chiarire o esprimere cosa avevamo nel cuore.
Abbiamo sempre una possibilità (forse anche più di una) durante la nostra vita per guardarlo e affrontarlo. Non sempre però siamo pronti a farlo. Può essere infatti che il “non detto” sia talmente silenzioso e inconsapevole che pensiamo di non averlo.
Succede a volte - magari a seguito di situazioni spiacevoli e gravi - che emerge a livello conscio. Finalmente abbiamo la possibilità di esprimerlo. Alcuni di noi però non riescono proprio a farlo e se lo portano dietro per molto tempo, anche per una vita intera.
La scrittura ancora una volta rappresenta uno strumento importante. E’ proprio attraverso la scrittura che possiamo prendere le distanze dal “non detto”.
Mentre scriviamo cambiamo il nostro punto d’osservazione e riusciamo a dargli una connotazione, a capire di cosa è composto e come si è formato. Infine riusciamo ad accettarlo.
Si, perché probabilmente dobbiamo ancora accettare una nostra incapacità o mancanza per non aver saputo dire o gestire una persona o situazione.
Siamo stati silenziosi, troppo, alimentando così questo corpo estraneo dentro di noi.
Il distacco e l’accettazione permettono di rilassarci, di aprire il canale che dalla bocca dello stomaco va al cuore. E quando “il non detto” passa attraverso il cuore, beh non serve più nient’altro perché le parole escono con un’altra valenza. Hanno un’altra energia, quella giusta. Arrivano dove devono arrivare in modo diretto, adeguato e dolce.
Se le parole passano attraverso il cuore, la mano è libera di scrivere e la vibrazione che senti dal cuore alla mano resta impressa sul foglio affinché tu stesso possa percepirla e leggerla. Il macigno si trasforma come per magia in tanti sassolini e questi poi si sgretolano fino a divenire ghiaia. Sulla ghiaia riesci a camminare in modo agevole, riesci anche a correre.
Scrivere ci aiuta a vedere con maggiore chiarezza ciò che abbiamo dentro, in profondità di noi stessi. Abituiamoci a questo. E’ un allenamento che richiede volontà e costanza.
P.S.: sicuramente mi dovrò allenare nella sintesi, non è proprio un mio punto di forza! :-)
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