20.6.05

A come “Ancora intervista”

Prendo spunto dall’intervista di Roberto Sanna ad Alessandro Lucchini, pubblicata in un post precedente, per parlare appunto, di interviste.

Mi piace come Laura Lilli descrive il processo di scrittura di un’intervista, che non si esaurisce nella trascrizione testuale della testimonianza raccolta, ma è anche taglio e modifica, fino a cucire qualcosa di nuovo ma aderente a quello che è stato detto durante l’incontro.

“Ora”, dice Laura Lilli, “dipende solo da me che la grande bolla di sapone non svanisca. Ora, insomma, devo scrivere. Dovrò far rivivere la durata di quelle pause, quell’improvvisa ombra di dispetto sul volto, quel desiderio di spiegarsi meglio, o invece quell’indifferenza, quella cortese sopportazione, quell’evidente fretta di concludere. Accorgimenti letterari e di stile fanno la differenza tra l’intervista tout court e l’intervista scritta. Quest’ultima, se ben fatta, è letteratura”.

Se poi in pochi minuti riesci ad entrare nel tuo interlocutore e mettere sulla carta, sparse qua e là tra domande e risposte (come perle e conchiglie alternate in una collana) le sfumature e i dettagli che lo definiscono, l’intervista, oltre che letteratura diventa “umana e sensibile”.

Ecco l’attacco dell’intervista a Gae Aulenti, tratta dal libro “Voci nella città”, di Renata Prevost: “Gae Aulenti è un’ostrica per la quale ogni domanda personale assume l’aspetto di un coltello che voglia violare l’interno della conchiglia. E’ dolce, ma la sua riservatezza è difesa da un atteggiamento granitico”.

E un estratto dell'intervista a Carla Fracci: “E’ leggera, Carla, morbida e lieve come un soffio d’amore. L’amore per lei infatti è tutto” […] “Si commuove con la musica, quando il pubblico partecipa, e si arrabbia se le mettono le cose in disordine. Il suo più grande pregio è che tratta ogni sua esibizione allo stesso modo: che sia la Scala o una serata di beneficenza o una piccola serata in un luogo sperduto, lei dà ogni volta il meglio di sé. E’ il rispetto per il pubblico: “Quando mi dicono che ho donato emozioni, io sento che sono servita a qualcosa”.