"Sentire l'altro": può l'empatia lasciarsi de-scrivere?
Essa si accomodò alla tavola, aggiustandosi con la mano sinistra la manica destra. In piedi vicino a lei, Necliudov osservava in silenzio quella schiena ricurva sul tavolo, scossa di tanto in tanto da singhiozzi repressi. E il suo animo era combattuto da due sentimenti contrastanti: uno, cattivo, d'orgoglio offeso, l'altro, buono, di pietà per lei e per le sue sofferenze. Vinse il secondo.
Provò subito compassione per lei o si ricordò anzitutto di sé, delle proprie colpe, delle basse azioni commesse, simili a quelle che ora le rimproverava? Non avrebbe saputo dirlo. Ma, improvvisamente, si sentì colpevole e nello stesso tempo la compatì.
Lev Tolstoj, Resurrezione, tr.it. Rizzoli 1998, p.344
Sì, lo so, poi ci ha messo più di mille pagine per raccontarci il dramma di Anna Karenina. E più di duemila, togliendoci il fiato, nel continuo alternarsi di amori e di battaglie di Guerra e pace.
Ma qui sono poco più di 100 parole. Magistrali, nel de-scrivere l'empatia, una sfera di esperienze tanto complessa da tenere impegnati nello stesso dibattito biologi, neuroscienziati, psicologi, filosofi e semplici appassionati di questo strano tipo di comunione sentimentale, spesso confuso con la simpatia o con la compassione, e capace di esprimersi i manifestazioni molteplici (amicizia, amore, rispetto, riconoscimento, fiducia, cura...).
Già, siamo mica tutti Tolstoj. Ma saremmo già fuori dal nostro tema, la scrittura, se pensassimo che questa sfera di esperienze può trovar campo solo nelle relazioni interpersonali, quelle vis a vis. O al telefono, nei tanti centri di aiuto telefonico, e non nelle relazioni centrate sulla scrittura. Certo è che poco pare si sia studiato sul tema, finora.
Noi abbiamo cominciato a farlo. Siamo partiti da qui: Sentire l'altro. Conoscere e praticare l'empatia, di Laura Boella, Raffaello Cortina Editore.
Chi ne sa qualcosa, come sempre è invitato a metterlo in circolo. Grazie.
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