5.5.08

Le parole che non ti ho detto

Giovani di buona famiglia. Figli di buona famiglia.
Figli di.


Il sottotitolo riprende una riga dell’odierno articolo

di Ilvo Diamanti. La riga è l’ultima del suo pezzo,
ma il sapore lo mastichi in bocca dall’inizio della lettura,
anzi, sicuramente da prima,
perché non puoi dirmi di non esserti adombrato anche tu
nel sentire, sfogliare e sorprenderti a biascicare
perplesso tra le sinapsi
il leitmotiv di queste ore, mesi, anni di cronaca
che ci saturano di giovani di buona famiglia
che sfasciano, seviziano, accartocciano cose e vite
ma sono (o nonostante siano) giovani di buona famiglia,
appunto.

Confesso una certa irritazione anche per la parola teppista:
perché se è vero che il suo etimo ce la dice lunga
sulla noia di questi giovani di buona famiglia,
è anche vero che

(temo, e in un rapido sondaggio riscontro)
la percezione della parola teppista
è edulcorata.
Ai più risulta sinonimo di autore di atti vandalici.

Ma occorrono forse link
alle notizie, ai video, ai commenti
per sensibilizzarci alle parole e alle cose
se ci abituiamo a percepire con la stessa intensità
un bullo e un assassino?

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