parole e vita
Non ci sono parole. E' una delle espressioni che detesto, che la dica chiunque. Non so se finirà tra quelle che gli italiani detestano (se dette dai capi) che ora anche il sito di Repubblica sta raccogliendo (leggete l'articolo, spiritoso, di Bartezzaghi!). Mi piacerebbe sostituirla con dell'altro; già personalizzarla andrebbe meglio: non trovo le parole. Forse bisognerebbe tradurle in atto: stare zitti, far sentire il silenzio. Facendo capire che è un silenzio parlante e non un silenzio muto. Non è facile però, soprattutto se tra noi e il nostro interlocutore c'è una barriera, come, ad esempio, la distanza. Oppure bisognerebbe far parlare i gesti: uno sguardo, un abbraccio, una pacca sulla spalla, una pressione della mano sulla mano, una carezza... O dare una mano, concretamente. A volte, però, appunto non c'è altro mezzo che ricorrere alla parole, anche quando non le trovo. Per far sentire a qualcuno: EHI, LO SO CHE E' DURA, MA SONO QUI, SIAMO QUI, CONTA ALMENO SUL NOSTRO AFFETTO, SULLA NOSTRA CONDIVISIONE: NE VERRAI FUORI, NE VERRETE FUORI. Perché sta nella lotta comune, sta nella umanità uguale e diversa, la nostra comune essenza di esseri umani. Homo sum, humani nihil a me alienum puto.
Parole. Che trovo nel profondo della mia anima. Quando la sardana si fa infernale e Lucifero sembra presentarsi a dirci: è l'ora. Quando, guardandolo fisso negli occhi, con la schiena dritta, gli dici: NO. Una parola una. Ma che forza ...
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