2.10.08

All'armi!

La battaglia non è quella del grano. Non è nemmeno (tanto meno!) il "Mein Kampf" o una "Blietzkrieg". Non è neanche un "bellum omnium contra omnes". Se battaglia deve essere, che sia quella di noi stessi con noi stessi. Di cosa parliamo, si chiederà chi per avventura legge questo blog. Parliamo di parole, ovviamente. Lo spunto ce lo dà quel parolaio (e non è un insulto) di Bartezzaghi giuniore, che, dalle pagine di "Repubblica" di oggi (con richiamo in prima pagina) riflette sul linguaggio Politicamente Corretto (PC) e Politicamente Scorretto (PS). Tanto in voga l'uno quanto l'altro, come sappiamo. Spesso irritante tanto il primo quanto il secondo, per opposti motivi. C'è però un punto, che ci sembra cruciale, nel ragionamento di Bartezzaghi, per spiegare il quale ci sembra di poter riprendere, all'inverso, un detto latino: "res sunt consequentia verborum". Già: che le parole riflettano il reale è tesi che poco ci convince (ma il cortese lettore può, se vuole, andarsi a leggere "La magia della scrittura" e troverà pane con cui placare la fame di conoscenza); che invece la realtà rifletta le parole, questo ahimé, tende ad essere vero. Perché va detto con un grido di dolore? Perché se le parole, ci fa pensare il cruciverbista di vaglia, diventano fatti, a forza di sentire "me ne frego del me ne frego", cioè non mi importa nulla della verità storica; se continuo a dire che i morti sono tutti uguali (che sarà forse vero, ma da vivi, quei morti, non lo erano: tra un partigiano ed un repubblichino la differenza, da vivi, c'era e c'è); a sentire sempre dare del "tu" ad un "negro" e del "lei" ad un "bianco", beh, che le parole si traducano in realtà non è idea peregrina. I fatti, quotidianamente, lo dimostrano. Il "format", come lo ha chiamato Berselli, si riempie di contenuti, ovvero le parole si traducono in realtà. Una realtà che ci porta indietro, lontani dalle parole che ci piacciono. Ma, si potrebbe obiettare, questo potrebbe avvenire anche al contrario: non solo per il PS ma anche per il PC, verso le belle parole, non le brutte parole. Il punto è che ho dovuto usare il condizionale, non l'indicativo. Se dovessi tradurlo in latino, quel condizionale lo tradurrei con un periodo ipotetico del terzo tipo, quello dell'irrealtà. La battaglia è dunque persa? No, perché solo chi si ferma è perduto. E noi, per dirla con un PS, col cazzo che ci fermiamo.

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