18.12.06

In ascolto



Sei come un jukebox, jukebox,
devi suonare, jukebox…
Così cantava qualche anno fa Bennato.
Non che la canzone mi piacesse granché, ma mi frulla in testa oggi,
mentre scrivo un post che, come l’anno scorso, vuol essere di auguri.
Prima ancora di pensarlo l’avrei titolato “Persone”.
Persone che vengono e vanno, di cui leggiamo e viviamo.
Importanti, maestri, amori, figli. Conosciute, ignote,
tangenti le nostre vite.
Trivellate con buoncostume, usate, riposte.
Perché poi, quando penso al mio lavoro,
è tutto un esplorare persone: gli scrittori presenti e passati,
gli allievi di ieri, oggi, domani.

E così quando rifletto sul senso del termine persona
sobbalzo sempre nel ricordare che si costituisce dall’idea di maschera:
l’etimologia è dibattuta, sì, ma persona è in origine
la maschera che nelle commedie e tragedie latine copre il volto
degli attori che vi recitano.
La maschera teatrale per-sonat, eccolo l’etimo: risuona,
amplifica la voce dell’attore, grazie alla cavità della maschera stessa.

Un determinato ruolo da giocare nella vita diventa così preminente,
ti designa. Di più: l’esperienza della persona passa attraverso la parola.
La parola in relazione, la parola in continua tensione verso l’altro,
ponte lanciato tra uomo e uomo.
Tremo al pensiero delle buone relazioni
perse per non aver saputo dire o ascoltare la parola giusta:
tu sul tuo palco, io in platea, o viceversa.
E se qui sopra sparpaglio parole e persone
è giusto perché voglio ricordarmele tutte,
le parole preziose.
E, dietro la maschera, le persone: ancora più preziose.
Auguri.

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