24.11.06

Strascinare parole in linguaggio d'azzardo

Molti di noi scrivono quotidianamente, per scopi disparati.
Spesso, quando intendiamo coinvolgere il lettore, usiamo il tu.
Il tu indeterminato è un atto di fiducia nell’intelligenza,
nella libera creatività e nella sensibilità del lettore.
È anche fonte di voluta ambiguità, di ricercata polisemia:
il messaggio arriva al lettore personalizzato, egli si sente chiamato
in causa e libero di intendere quel che vuole.
Questo è vero in ogni tipo di testo, massimamente in quello poetico.
Come scrive Alfredo Giuliani, “la scommessa della polisemia
consiste nel trasformare in poeta chi riscrive la poesia leggendola”.

Ma, di fatto, questo avviene anche con i testi meno ambigui.
Ivor Armstrong Richards, ad esempio, dimostrò che le immagini mentali
suscitate in un gruppo di studenti dalla lettura di un medesimo testo
erano molto differenti per ciascuno di essi.
Lo stesso Ivor Armstrong Richards attorno al 1930 lavorò al Basic English,
un programma per lo sviluppo di un linguaggio cosmopolita basato su 850
parole: per capirsi, internazionalmente.

Eterna sistole e diastole del linguaggio
tra la necessità dell’univoco e le ragioni della fantasia.

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