Storie di gatti (o Gatto-marketing?)

"Io sono Ciclamina, ho otto anni e sono molto triste perché da oltre cinque mesi vivo in una casa deserta. Una vecchina passa una volta al giorno a portarmi la pappa e acqua fresca. Dormo acciambellata sulla sedia che vedete in fotografia, dove la mia “mamma” mi teneva sulle ginocchia e mi accarezzava per ore. La mia “mamma” si è sentita male, è stata portata in ospedale e non è più tornata. Mi voleva molto bene e mi manca, ma non posso vivere di ricordi. Cerco qualcuno che mi faccia tante coccole e mi faccia tornare la voglia di giocare. Aspetto qui".
"Ho sei mesi e vengo da un paese lontano.Vivevo insieme ai miei fratellini presso una famiglia che aveva un bambino che giocava con noi e ci faceva un sacco di dispetti. Ero felice. Ma un giorno mi hanno detto che ero di troppo, che cinque gatti in una casa sono difficili da tenere, che io e i miei fratellini facevamo troppo casino. Così, senza neanche lasciarmi dire “miao” mi hanno infilato in una gabbietta, mi hanno caricato in macchina e ho fatto un lungo viaggio, fin qui. Mi hanno detto che qui tutti i mici abbandonati trovano una famiglia. E’ vero? Non ho neanche un nome: me ne volete dare uno voi? ".
"Il mio nome è Giotto. Non potrò più saltare sui tetti e acchiappare uccellini, mi manca una zampina. Me l’ha schiacciata una macchina e non si è potuto far nulla per salvarla. Ma sto guarendo perfettamente e vedrete che presto di balzi ne farò ancora. Solo che adesso il mio ex-padrone non mi vuole più. Non gli piaccio più. A me non importa di saltare in alto, se trovo qualcuno che mi gratta la testa e mi liscia il pelo mentre sto sul tappeto. Vorrei tanto un padroncino così".
Son storie di gatti.
Storie scritte da due veterinarie dello studio davanti a cui passo tutti i giorni per andare al parco col marmocchio. E tutti i giorni è d’obbligo la fermata col passeggino alla “vetrina delle adozioni” per leggere i racconti dei nuovi mici sui cartoncini appesi alle gabbie (monolocali 40x80 cm in attesa di trovare una vera casa).
La trovo un’idea simpatica e geniale. Non basta un anonimo e squallido “Regalasi” scritto sul vetro per convincerti a prenderti cura di uno dei malcapitati animaletti, anche se fanno una grande tenerezza. La storia che li accompagna li rende più familiari, ispira compassione e affetto, li “umanizza”, un po' come nelle fiabe dove i protagonisti sono animali, e alla fine te li prenderesti tutti quanti!
Grazie anche ai racconti, la vetrina delle adozioni ha sempre il suo pubblico di adulti e bambini (sebbene non si trovi in una zona di gran traffico) e i gatti soli trovano velocemente una sistemazione: brave le veterinarie, di cui non faccio il nome solo perché non lo conosco.
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