A te che sei il mio presente
La forza adolescente, e il disincanto dell’età.
“Di sogni e d’amore”,
“Di rabbia e di stelle”,
due titoli, libro e disco, che in pochi giorni si incalzano.
Un po’ in chiasmo, come se l’amore, tramutato in rabbia,
avesse al suo fianco quell’immutabile desiderio,
che là è sogno, qui stelle.
Parlo di Vecchioni, dell’ultimo suo libro e disco,
e della potenza della sua parola.
Così, più che nei versi adolescenziali,
è facile riconoscersi nelle sue canzoni,
con quella timeline in continuo zigzag
tra passato e presente
che non è solo confronto: è anche risalire
le emozioni del tempo
per ritrovarsi mente e corpo là e allora.
E infatti su tredici canzoni
solo tre sono tutte scritte al presente,
perché proprio nel presente radicano la loro forza,
a iniziare da Tu, quanto tempo hai? sufficientemente esplicita,
appunto.
Le altre due, Questi fantasmi e Comici spaventati guerrieri,
dalla letteratura (Eduardo De Filippo e Stefano Benni)
prendono il titolo, ma sono entrambe di chiara impronta vecchioniana,
e sono due invettive:
una rivolta agli approssimativi,
l’altra a chi inganna i giovani con falsi specchi e miti:
i poeti non saranno anche nessuno
ma hanno il potere di sputtanarvi
E capisci che quella doppia negazione non sarà lì solo per far ritmo,
e ricordi poi che Ulisse come nessuno si salvò dal Ciclope,
e sai che dopo il ma c’è l’affermazione di maggior peso, e senti che quei due versi condensano tanta percezione del nostro presente.
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