13.3.08

Parole e banane

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Tutto quel che la parola tocca,
il più desiderabile bene, diventa una buccia
.
Pensiero che si può ricondurre a uno degli autori
della cosiddetta “linea ligure” (Ceccardo, Novaro, Boine,
Sbarbaro, Montale e altri),
accomunati da una certa prudenza verso la vita
e la sua declamazione.
Dell’autore non sono sicura, ma del concetto sì.

L’immagine mi colpì, e da allora mi accompagna
negli studi e nella pratica,
fatto sta che della parola-buccia
ho più volte ragionato, anche qui.

Proviamo a intenderci:
tu che cosa leggi nella citazione iniziale?

Io ci vedo il limite intrinseco alla parola,
il fatto che essa rappresenti ma non sia.
E ci leggo anche il sempiterno agguato della scivolata lessicale,
il capitombolo del fraintendimento,
l’equivoco nella gazzarra,
l’interesse manipolatore. E lo scorno dell’ingenuo.

Ma su quest’ultima lettura converrà riflettere.
Lo facciamo guardando alla settimana trascorsa
(e riporto solo alcune delle scivolate più singolari):

«Hillary? È un mostro»,
dice Samantha Power, assistente agli esteri di Obama,
ed è costretta a dimettersi.

«Non credo che gli Usa siano ancora pronti
per un presidente nero», declama Gianfranco Fini,
e deve poi arginare la figuraccia.

«Ci toccherà questa responsabilità di pensare
al governo del paese», recita Berlusconi,
appena dopo aver esibito di quanta responsabilità è capace.

«Mai rinnegato il fascismo»
sentenzia Ciarrapico, salvo poi calare:
«Quando il fascismo ha fatto le leggi razziali, io avevo 4 anni:
che responsabilità posso avere?» poerello...
Ma intanto tra lo «sguattero» e il «me ne frego» la querelle
è aperta, e ad aver pelo sullo stomaco ti ci potresti anche
divertire.

Torniamo negli States e apprendiamo
che il governatore dello stato di New York, Eliot Spitzer,
'cliente 9' di una procace squillo, è costretto a dimettersi,
perché ai più non è andata giù la scollatura:
sì, ma quella tra le sue baldorie e le sue parole,
note per aver integerrimamente pontificato
contro la prostituzione.
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