8.7.08

dislessia

E’ come leggere un testo con gli occhiali di mia nonna (quelli macchiati si sugo).
Poi, quando a scuola leggi ad alta voce, subentra l’aspetto emotivo. L’insegnante e i compagni si aspettano che tu riesca a leggere perfettamente, ma dentro di te sai di trovarti di fronte ad una montagna insuperabile.
Ricordo che quello che temevo di più in classe era la frase ‘stop - continua tu!’
Se già avevo difficoltà a mantenere il segno, proprio in quel momento un tonfo al cuore, uno sbalzo di pressione, l’emozione che si impadroniva di me ed io con sguardo perso nel vuoto del foglio macchiato di inchiostro, cercavo di trovare la sequenza di sgorbi neri che più si avvicinava al senso logico del testo.
Proprio mentre pensavo di aver trovato il capoverso giusto, la voce squillante della mia maestra esordiva con tono di rimprovero: ‘ vedo che anche questa volta non stavi attenta, dovrò parlare con i tuoi genitori’.
Ogni giorno che passava mi sentivo sempre più stupida, inutile, incapace e buona a nulla.
Quando i miei genitori andavano a parlare con gli insegnanti, il copione era sempre lo stesso:
‘signori, vostra figlia non è stupida, semplicemente potrebbe fare ma non si applica, fatela leggere di più ad alta voce anche a casa’.
Risultato: anche a casa mi trattavano come una deficiente.
Ricordo con orrore la festa per la fine della quinta elementare.
I genitori avevano scritto un lungo testo di ringraziamento alla maestra e come regalo finale della sua carriera, avevano deciso che dovevano portarle in omaggio ciò a cui lei teneva di più.
Cosa le farebbe più piacere, si sono detti, se non sentire che Fede ha finalmente imparato a leggere? Sarà proprio Fede che leggerà ad alta voce, sul palco, di fronte a tutta la scuola, a tutti i genitori e a tutti i suoi compagni il nostro testo.
Io ho cercato di oppormi ma senza risultati.
Sono salita sul palco vestita con abiti eleganti della mia vecchia prozia, riciclati per l’occasione.

Imbarazzo totale

Il sudore mi correva lungo la schiena, le mani mi sudavano e io tremavo come una foglia, certa di deludere tutti ancora una volta.
Volevo scappare, sprofondare, vaporizzarmi, ma nulla di tutto questo è successo.
Ho continuato a cercare di leggere con le lacrime agli occhi e l’angoscia nel cuore fino all’ultimo punto di quello stramaledetto foglio.

Certo è dislessia ma negli anni settanta in Italia questo vocabolo era pressoché sconosciuto.
Oggi per fortuna si parla un po’ di più di questi argomenti.
Ho imparato a conoscere la dislessia e la disgrafia ad affrontarle formando e informando le famiglie e gli insegnanti.
Ho imparato a stare vicino ai ragazzi in difficoltà, cercando di fare la cosa più importante; costruire la fiducia in se stessi.

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