5.10.08

Quando non eravamo pusillanimi

L’attenzione alle parole, le parole e le persone,
le parole e le cose, dà forma e ragione
a questo blog e agli studi che lo accompagnano.
“Res sunt consequentia verborum”
citava pochi giorni fa Lorenzo,
e condivido con energia il suo allerta conclusivo:
il peggioramento del clima civile
è ascrivibile anche a chi ogni giorno inquina
il linguaggio del senso comune.

Lo rammenta in un articolo su Peace Reporter
Giuseppe Faso, autore tra l’altro del libro
Lessico del razzismo democratico.
Faso ci aiuta a riflettere su una parola
attualmente in voga, clandestino,
e ce ne ricorda l’etimo
per farcela guardare da un altro punto di vista
questa parola, e indurci a capire che l'apprezzamento
di cui gode è campato in aria.
Esito di un (consapevole?) distorcimento.

Clam-die-stinus
significa infatti “che si nasconde di giorno”,
e l’onestà intellettuale può far tirare a ognuno di noi
qualche conclusione, noi che nei cantieri,
nelle cucine dei ristoranti,
nelle case di chi ha anziani da assistere
li vediamo eccome questi immigrati.

È che, mangiati come siamo da paure demagogiche,
lente iniezioni sottocutanee da benigno salotto televisivo,
tendiamo a dimenticare tanto.
Tra questo tanto
forse anche il coraggio.
.

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