23.2.09

Guardando un po’ avanti, e un po’ indietro

Nei primi anni del Novecento nascono movimenti artistici
che si autodefiniscono avanguardie
e si riconoscono in manifesti
che contengono programmi di carattere filosofico,
politico, stilistico.

In questi giorni si
celebra a Roma il centenario di un’avanguardia italiana,
il Futurismo, la cui apparizione pubblica risale al 20 febbraio 1909,
giorno in cui su «Le Figaro» appare il primo Manifesto.

Il termine “avanguardia” nel caso dei futuristi è particolarmente appropriato:
intanto per quel loro guardare avanti programmatico,
poi per la fedeltà all’etimologia militare del termine:
i futuristi si considerano infatti un gruppo in lotta.

I punti contenuti nel
Manifesto preso a riferimento per l’avvio della mostra
riguardano la concezione futurista della vita e della poesia,
fondate sull’amore del pericolo, l’esaltazione di coraggio,

audacia e ribellione, la celebrazione dell’aggressività
contro la riflessione pacata,
la lode della guerra e di ogni gesto distruttore.

Sostenendo la necessità di agire con la forza
e riconoscendo alla guerra un ruolo in sé positivo,
i futuristi si infilano agevolmente nell’orientamento politico allora montante:
aggressivo nazionalismo.

Di lì a poco ci sarà la prima Guerra mondiale,
e le loro speranze belliciste non andranno deluse,
tanto più che l’ideologia futurista in Italia
si accosta al fascismo, nonostante le differenze originarie,
differenze che poi si fanno di nuovo sentire nel 1920,
per scemare del tutto dopo la marcia su Roma,
quando il Futurismo è riassorbito dagli organismi culturali del regime
e spogliato di ogni elemento ribellistico
(significativa la nomina di Marinetti ad “Accademico d’Italia”
nel 1929).

Questa la parabola politica dell’avanguardia futurista.

Nonostante ciò, sul piano artistico
il Futurismo svolge una funzione di rilievo
nel rivoluzionare il linguaggio
e nel tendere all’integrazione fra le arti:
è a partire dal 1910 che si susseguono infatti manifesti
di pittura, letteratura, musica, architettura, scultura, teatro, cinema, danza,
manifesti che influenzano tutta l’arte europea del Novecento

Leggo sui giornali peana a questo centenario ma,
a essere attenti, più che celebrarne il compleanno
partendo dal primo manifesto guerrafondaio
ci sarebbe forse da riferirsi ad altro.
Ad esempio al Manifesto tecnico della letteratura futurista,
che è del 1912 e teorizza le parole in libertà,
oppure a Lo splendore geometrico e meccanico e

la sensibilità numerica (1914),
dove Marinetti propone l’uso di diversi caratteri
per evidenziare la valenza iconica di parole e caratteri alfabetici

e tipografici.

A essere attenti,
dicevo, ma pensandoci bene anche questa è attenzione.
Dipende solo da cosa si guarda.

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