Come vuoi?
Laudisi. Come vuoi che tua moglie si contenti delle cose che tu le dici,
se tu -naturalmente- gliele dici come sono per te?
Signora Sirelli. Come assolutamente non possono essere!
Laudisi. Ah, no, signora, sopporti che le dica che qui ha torto lei! Per suo marito, stia sicura, le cose sono come lui gliele dice.
Sirelli. Ma come sono in realtà! come sono in realtà!
Signora Sirelli. Nient’affatto! Tu t’inganni continuamente!
Sirelli. T’inganni tu, ti prego di credere! Non mi inganno io!
Laudisi. Ma no, signori miei! Non v’ingannate nessuno dei due.
Permettete? Ve ne faccio la prova. Tu mi vedi? mi senti? Toccami.
Tu sei sicuro di toccarmi come mi vedi, è vero?
Ora, scusi, venga qua lei, signora. È sicura anche lei di toccarmi come mi vede? Non può dubitare di lei. Ma per carità, non dica a suo marito,
né a mia sorella, né a mia nipote, né alla signora qua come mi vede,
perché tutt’e quattro altrimenti le diranno che lei s’inganna,
mentre lei non s’inganna affatto!
Sirelli. Ma tutto questo arzigogolo, scusa, per concludere che cosa?
Laudisi. Ti pare che non concluda? Oh bella! Vi vedo così affannati
a cercar di sapere chi sono gli altri e le cose come sono, quasi che gli altri
e le cose per se stessi fossero così o così…
Sketch d’aula, 2005?
No, pièce pirandelliana, 1917.
I predicati sensoriali, le domande-gancio, la lettura del pensiero,
i quantificatori universali, l’uso di avverbi, congiunzioni, negazioni e altro,
e poi la consapevolezza che la personale rappresentazione della realtà
non è la realtà, ci ricordano qualcosa.
Pirandello o Protagora, come dimenticarlo?
Comunicare è un’arte antica, attualissima.
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