22.12.05

La quercia di Natale

Nella fattoria di Lucione (lo chiamano così perché è un omone grande e grosso) sono tutti in fermento: Natale è vicino, bisogna prepararsi! Tutti, a partire dalla moglie Tina, i due figli Marcone e Darione (che assomigliano al papà), i polli, i tacchini, le mucche e i maiali si danno un gran daffare. Partecipa anche lo spaventapasseri, ma solo se è di buon umore.

Coi fiori secchi, i rami di pino e le bacche fanno corone e ghirlande, da appendere qua e là nella fattoria. Riempiono cesti di mele biologiche per gli angeli che ne vanno matti, cuociono chili e chili di marmellate di marroni e preparano croccanti di mandorle per i bambini dei vicini, mettono nella stalla ciotole di latte e cognac per le renne di Babbo Natale, confezionano fantocci di panno rosso per il fienile e agghindano le mangiatoie con nastri e fiocchini.

Ma la cosa più bella è la quercia di Natale.
E’ vecchissima. Ha quasi 500 anni ed è più alta di un grattacielo di New York e più larga di un camion messo per traverso, ha la corteccia spessa come un tavolo di legno massiccio e ogni autunno fa un miliardo di ghiande.

D’inverno non ha foglie, ma si può addobbare benissimo. Basta un po’ di fantasia, e nella fattoria di Lucione non manca.

Dato che è tanto alta, serve l’aiuto alle nuvole basse. Scendono fin quasi a terra e si mettono in fila una poco più su dell’altra, formando una scala di gradini morbidi che arriva fin sulla cima della quercia. Può salirci solo uno alla volta e di solito è sempre il toro ad offrirsi: dice di avere l’equilibrio più stabile nonostante il peso.

Da sotto gli passano gli addobbi. Lui fa su e giù dalla scala un centinaio di volte, e alla fine è il più stanco di tutti.

Sull’albero, al posto delle solite palline, ci appendono:
stelle vere e comete di passaggio,
pezzetti di luna argentata,
cristalli di ghiaccio,palle di neve,

zucche colorate,
melecotogne profumate,
pigne luccicanti,
pannocchie infiocchettate,
grappoli di ghiande,
sacchetti di riso superfino,
cubi di formaggio grana,
borracce di grappa al mirtillo,
paioli di polenta taragna,
bottiglioni giganti di vino della Franciacorta,
secchielli di porcini secchi...

e poi falcetti, cesoie, rastrelli e badili, forconi,
dei secchi, qualche annaffiatoio, una carriola, una ruota di trattore,
piccozze, seghe, martelli e una scala a pioli, tutti spruzzati di polvere d’oro.

A far da punta, sull’albero si mette il gallo, col becco tirato all’insù. Quando scocca la mezzanotte del 24, lancia un acuto chicchirichì (lo usano anche per Capodanno).

Per finire, ognuno scrive qualcosa su un foglio di carta da pacco, lo arrotola, lo chiude con un ciuffo di fieno e lo lega a uno dei rami più bassi. Così penzolano dalla quercia i rotoli di natale del maialino, del toro, dell’oca e del gatto, di Lucione, di Tina e dei due figli che assomigliano al papà.

La notte di Natale si radunano tutti sotto la quercia. Ciascuno stacca da un ramo un foglio a caso e lo legge a voce alta. Lo scorso anno, al tacchino è toccata la lettera del topo, che diceva così:

Prego per tutti i topi del mondo, perché possano vivere in un posto bello come quello dove sto io, avere tanti amici sinceri e tanto buon formaggio come quello che c’è qui, nella dispensa della fattoria di Lucione. Io mi ci faccio di quelle scorpacciate! Buon natale. Firmato: il topo”.

[ favola scritta per la rubrica dei bambini di LombardiaVerde, il mensile della Direzione Agricoltura della Regione Lombardia, Dicembre 2005 ]

Beh, Buon Natale!
firmato: Sabina :)