3.4.06

I narratori di Marrakech

Il titolo dell’allegato al Corriere del Sabato è azzeccato, funziona: “Io donna”.

Quando nel weekend io e Roberto passiamo all’edicola a prendere i giornali (la Repubblica e il Corriere della Sera), lui automaticamente si tiene il quotidiano e mi rifila il settimanale.

Ce l’ha anche Repubblica, l’allegato, ma non ha trovato un titolo altrettanto felice: ”La Repubblica delle donne”.

“Io donna” mi fa pensare all’essere donna, al femminile nel suo senso più stretto. A me donna, con tutte le sfumature che il fatto comporta. “Io”, mi fa sentire completamente coinvolta.

“La Repubblica delle donne” mi dà invece il senso di “potere delle donne”, di “rivalsa”, “riappropriazione dei diritti della donna”, di “comunità di donne”, di “femminismo”. Mantiene le distanze e ha una forte connotazione sociale.

In realtà gli articoli e le rubriche all’interno delle due riviste si scopiazzano e si equivalgono.

Sfoglio veloce Io donna senza soffermarmi su niente, presa più da quello che mi aspetto dal titolo che da quello che in realtà trovo. Leggo le solite due rubriche e qualcosa che mi incuriosisce, poi butto.

La Repubblica delle donne la degno appena di uno sguardo. Col pollice faccio scorrere le pagine e mi faccio catturare solo se passa un titolo super.

Sabato 25 Marzo, guarda un po’, un articolo interessante l’ho trovato proprio li, sul numero dell’allegato di Repubblica. Si intitolava “Racconti diabolici che incantano” di Concita De Gregorio.

Citava, tra le altre cose, il reportage pubblicato qualche tempo fa dal New York Times sui narratori di Marrakech, i bardi del Marocco che raccontano storie seduti nella piazza del mercato (il souk), per un pubblico di soli uomini, adulti e bambini. Di solito sono vecchi “maestri” che sanno a malapena leggere e scrivere ma praticano la professione da decenni, scherzano, improvvisano, e conoscono i trucchi migliori per tener desta l’attenzione del pubblico con le parole, appresi col tempo dai più vecchi di loro. Nel souk hanno più “clienti” degli incantatori di serpenti, dello scrivano pubblico o dell’oracolo della fortuna.

Narrano di avventure ambientate in un passato reale o immaginario, di battaglie, peccatori, profeti, sultani saggi, ladri matricolati, passioni. Proseguono fino al momento di massima suspense, e poi si fanno pagare per continuare. Sono in competizione tra di loro sulla piazza del mercato e ci campano, con le loro storie. Studiano bene quindi come proporle.

I racconti sono molto ben conditi col paraverbale, le inflessioni della voce, il tono, la mimica del corpo e del volto, ma alla fine la trama e il linguaggio che i bardi di Marrakech usano per narrarli contano tanto. Potrebbero essere racconti scritti.

Vorrei capire la lingua marocchina per ascoltare di persona questi mitici narratori, scoprire se senza saperlo usano tecniche di neurolinguistica e magari scroccare qualche trucco magistrale che ancora non conosco da applicare alla scrittura. Per creare poi favole e racconti che incantano, senza far pagare per sapere come finiscono :)

Chissà se nel souk per le storie vale la regola del “soddisfatti o rimborsati”.