Noi no!
Conoscere, partecipare, esprimere:
tre bei verbi ci chiamano a pagina 19.
In alto, un rettangolo giallo:
Siamo dentro La nostra Costituzione.
È bene chiederselo che cos’è, questa Costituzione,
in vista del 25 e 26 giugno.
Quest’opuscolo lo fa:
Vogliamo che ciascuno, indipendentemente dal ceto sociale
e dal suo grado di istruzione, sia in condizioni di fare una scelta consapevole
e si senta partecipe di questo momento così importante
per la nostra democrazia.
20 pagine chiare di informazioni,
come chiare sono le parole del Testo dei testi:
L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme
e nei limiti della Costituzione.
L’opuscolo spiega che cos’è la Costituzione, quando nasce,
come cambierebbe qualora il referendum popolare di fine giugno
avallasse la riforma del novembre 2005,
descritta come “sistema complesso e farraginoso”.
In effetti, a leggere le “Modifiche al titolo I della parte II della Costituzione”
vien da pensare all’antilingua calviniana,
alle solite insidie del burocratese.
Ricordo quando, bambina, per la prima volta sentii pronunciare
“farraginoso” e “greppia”, insieme.
Parole sconosciute: strane! – pensai- chissà quali mondi incantati…
Ancor oggi istintivamente collego quell’aggettivo al pasto per il bestiame,
con altra consapevolezza, però.
E proprio consapevolezza, insieme a responsabilità e volontà,
è la nominalizzazione chiave
di quella pagina 19 dell’opuscolo, la penultima.
Perché nell’ultima a chiare lettere c’è cosa significa il nostro voto.
Perché, nel bel paese dove il sì suona, la gente che un tempo fu imbonita
come popolo di santi, navigatori, trasmigratori
conosca ancora il valore del NO.
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