25.6.07

Dante. E sempre e solo Dante?

Facciamo un po’ di polemica. Esami di maturità: ancora Dante, canto XI. Già ‘uscito’ nel 2005; allora era stato proposto il canto XVII. Non va bene? Per carità va benissimo, ci mancherebbe: ogni canto, ogni verso, ogni parola di Dante sono gravidi di senso, ricchi di millanta possibilità di scavo, riflessione, approfondimento. Dante è talmente grande che fa perfino spettacolo (Benigni, bene, docet).Di Dante si può perfino parlare in televisione. Dante mette d’accordo tutti. Il fatto è però, che a forza di parlare di Dante, degli altri nostri scrittori si parla assai poco. E sì che ne abbiamo di scrittori, oltre al Sommo! È che, per i paradossi della storia, degli altri poeti il circo cultural-mediatico sembra non curarsi. Qualche anno fa (nel ’95) è passato completamente sotto silenzio il IV centenario della morte di Tasso; scarso anche l’eco di quello della nascita di Petrarca nel 2004; quest’anno pochi si sono accorti di quello di Carducci. Se sull’importanza, anche europea, di Carducci possiamo discutere, quella di Tasso e Petrarca è indiscutibile. Anzi, il loro peso sulla cultura europea è stata forse anche superiore a quella di Dante. E allora, perché ci ricordiamo solo di Dante? Per il vizio tutto italiano di coltivare il culto per l’Eroe, unico e indiscutibile? Perché, specie di questi tempi, Dante sembra più cristiano degli altri? O perché, tra chi conta e decide, si conosce solo quello?