24.6.07

Il bello della bellezza

ma forse posso altrettanto bene scrivere “la bellezza del bello”,
e il perché provo a spiegarlo tra breve.

Intanto, l’informazione:
si sta svolgendo a Las Vegas
l’11° meeting dell’ASSC, l'Associazione per lo studio scientifico
della coscienza. Al congresso partecipano specialisti di vario indirizzo,
neurologi, filosofi, psicologi, informatici, antropologi ed etologi
cognitivisti, che confrontano i propri approcci empirici e teoretici all’argomento.

Poi, la spiegazione:
sono arrivata a quest’appuntamento cercando delucidazioni sui qualia.
I qualia, termine latino (plurale neutro di qualis, quale, “quale”)
che indica qualità non meglio definite,
sono le sensazioni mentali irriducibilmente qualitative,
le esperienze interiori ineffabili e personali
di cui siamo consapevoli e, in certo senso, prigionieri:
come riporta DWeb: “non sapremo mai se i gerani che ci fioriscono
sul balcone hanno lo stesso colore per noi e per il vicino”.

Dunque l’accettazione dei qualia,
oggetto del dibattere per il peso che rivestono nella comprensione
della coscienza, è evidentemente significativa anche dal punto di vista
neurolinguistico, perché enfatizzano la soggettività che fonda
il nostro sentire e fa sì che la mappa del mondo che costruiamo
sia una rappresentazione personalissima e infedele della realtà.

Il tuo rosso, il tuo bello, il tuo vero,
la tua personale percezione di rossezza, bellezza, verità,
ti appartengono,
esattamente come i tuoi gerani.

Ma non è questo il punto.
Il punto è: come dirlo ai tuoi simili?

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