13.11.08

SEI SEMPLIFICATO

(se vogliamo chiamarlo eufemismo)

La semplificazione dei linguaggi astrusi
è uno degli obiettivi degli studi linguistici degli ultimi anni.
Si parli di politichese, burocratese, medichese,
dei vari sottocodici e gerghi,
sappiamo bene che l’esigenza di rendere il linguaggio più piano,
aperto alla comprensione quanto possibile di tutti,
è un obiettivo lodevole,
anche promosso dal diffondersi della Rete e delle sue esigenze.

Le figure retoriche ci danno una mano in tale direzione,
capaci come sono di rendere la lingua più vivida, fruibile,
legata alla nostra quotidiana esperienza.
Su questa strada ci sono le perifrasi e gli eufemismi:
le prime esprimono un concetto in modo alternativo a quello più specifico,
e lo fanno proprio per esigenze di chiarezza e opportunità;
i secondi sostituiscono invece un’espressione volgare o troppo cruda
con un’altra meno esplicita,
ma spesso riescono a mantenere ugual efficacia e pregnanza.

E senza dubbio efficaci sono le espressioni ricordate
da Monica D'Ascenzo nel suo bell’articolo che,
analizzando la recessione in atto

e le conseguenti ristrutturazioni aziendali, evidenzia:
«il problema di come comunicare i tagli al personale
è diventato talmente frequente che le società
hanno iniziato a creare un nuovo linguaggio
per preservare un'immagine positiva

nei confronti dei dipendenti e del mercato».
Lo scenario analizzato è quello americano,
e perciò si parla di «re-engineering plan» per annunciare tagli al personale,
di «to became more fit» per snellire la società,
e di «simplification» per giustificare posti di lavoro in meno.

Così la formula «you are simplified»
per dire «sei licenziato»,
ammesso che preservi l’immagine dell’azienda,
pretenderebbe forse dal malcapitato
un impretendibile self control:
semplificato, reso semplice,
alla lettera significa “senza piega”.

Ti licenziano, e forse tu dovresti
non fare una piega, appunto.

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