2.10.06

La manomissione delle parole

Adoro Gianrico Carofiglio, la sua scrittura asciutta, nitida, il realismo meravigliosamente convincente dell’avvocato Guerrieri.
L’ultimo romanzo, Ragionevoli dubbi, è infarcito di citazioni e pensieri sulla forza delle storie e delle parole. Dall’anagramma di “la verità” (“relativa”) ai racconti che poliziotti, Pm e avvocati costruiscono a partire dal materiale grezzo degli indizi, a questa citazione illuminante tratta da un volume di scrittura creativa:

“Le nostre parole sono spesso prive di significato. Ciò accade perché le abbiamo consumate, estenuate, svuotate con un uso eccessivo e soprattutto inconsapevole. Le abbiamo rese bozzoli vuoti. Per raccontare, dobbiamo rigenerare le nostre parole. Dobbiamo restituire loro senso, consistenza, colore, suono, odore. E per fare questo, noi dobbiamo farle a pezzi e poi ricostruirle.
[…]
La parola manomissione ha due significati, in apparenza molto diversi. Nel primo significato essa è sinonimo di alterazione, violazione, danneggiamento. Nel secondo, che discende direttamente dall’antico diritto romano (manomissione era la cerimonia con cui uno schiavo veniva liberato), essa è sinonimo di liberazione, riscatto, emancipazione. La manomissione delle parole include entrambi questi significati. Noi facciamo a pezzi le parole (le manomettiamo nel senso di alterarle, violarle) e poi le rimontiamo (le manomettiamo nel senso di liberarle dai vincoli delle convenzioni verbali e dei non significati).
Solo dopo la manomissione possiamo usare le nostre parole per raccontare storie”.