1.6.07

la legge del branco

Parlare in pubblico è faccenda delicata. I più, alle prime esperienze, riferiscono perdita di controllo degli arti, sudori, secchezza delle mucose, respiro affannoso, black out celebrale: roba da ricovero immediato! Abbiamo un bel rassicurarci che non ci succederà nulla di grave: quegli occhi puntati imbarazzano, intimoriscono, fanno venire voglia di tagliare la corda. Parlare in pubblico ci immerge in un ambiente altamente emotivo e per quanto la nostra razionalità si sforzi, le reazioni fisiche sfuggono al suo controllo.

In effetti siamo esseri raziocinanti da troppo poco tempo: la nostra animalità è più forte. Trovarsi di fronte ad un pubblico, per la parte più antica del cervello, corrisponde ad essere in territorio nemico. Oppure ad assumere il ruolo di capobranco, che se non dimostra in ogni istante di essere il più forte ed il più autorevole, viene eliminato con una clavata in testa. Le reazioni di cui sopra, scatenate dal sistema simpatico e tipiche della condizione di “lotta e fuga”, sono dunque perfettamente naturali. E la nostra razionalità ha scarsissimo potere su di esse, rassegnamoci!

Al contrario, ed in modo molto semplice, postura, mimica facciale e soprattutto la voce hanno il potere di modulare le emozioni. Può sembrare strano, ma sorridere per qualche minuto ci farà sentire più felici. Allo stesso modo “impostare” un corretto tono vocale, calmo e profondo, mette in equilibrio simpatico e parasimpatico, porta ad una respirazione conseguentemente tranquilla ed ampia, dona una postura regale e ben radicata a terra, con grande ritorno di energia.

La voce umana è “magica” nel suo essere in grado di armonizzare corpo e mente, restituendone l’integrazione che li rende, insieme, il più incredibile mezzo comunicativo del pianeta terra. La voce, agita in modo corretto, fa sì che agli occhi di chi parla il “branco” riprenda sembianze umane.

E ci regala, più che la possibilità di svolgere con successo uno dei tanti compiti professionali, il piacere di comunicare.

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