Tempi di Attesa – GLI ULTRACORPI
"Un mondo del lavoro che cambia.
O è solo uno slogan o sei in Lombardia"
Il messaggio pubblicitario riprende infatti quelli degli enormi manifesti comparsi in primavera per le vie di Milano e nel sito della Regione Lombardia. Poi tutto era svanito fino a questa nuova manifestazione, limitata adesso alla pagina della Direzione Generale Istruzione, Formazione e Lavoro. "Forse si sono ritirati per preparare l'attacco al pianeta..." – azzardo. Ma il mio spirito da liceale non risolleva la collega dal suo sconforto, perché commenta: "E' come se dicessero che tutti quelli che vivono fuori della Lombardia sono dei poveri incapaci". Bisogna ammettere che il presupposto dello slogan è ispirato a un esclusivismo imbarazzante.
Quando poi rileggo con attenzione quelle due righe, m'accorgo di una contraddizione che è evidentemente sfuggita agli esperti in comunicazione. A parte il contenuto, guardiamo come è strutturato il messaggio: se, dopo l'affermazione formulata nella prima riga, diciamo "o è solo uno slogan o sei in Lombardia" è come se dicessimo che, in Lombardia, quell'affermazione non è solo uno slogan, perché risponde al vero. Il presupposto è dunque che uno slogan non necessariamente dice il vero. Asserzione ineccepibile sul piano logico. Sul piano emotivo della comunicazione vale tuttavia un'equazione più immediata e drastica, ossia: "slogan uguale menzogna". E allora, se l'affermazione iniziale è vera, perché sostenerla proprio con uno slogan pubblicitario? Non è una contraddizione controproducente? E, oltretutto, il tono del messaggio non è offensivo verso tutti coloro che si servono di slogan? E riguardo ai pubblicitari che li pensano per mestiere?...
Tutti sanno che ogni comunicazione è per sua natura imperfetta, come appunto i soggetti umani che tentano di comunicare. Resta il fatto che le forme del linguaggio corrispondono al pensiero di chi le usa e rivelano presupposti talvolta allarmanti. In questo caso i redattori avrebbero colto la contraddizione insita nel testo che stavano componendo se, nella preoccupazione di affermare l'eccellenza della Regione Lombardia, non fossero stati offuscati dalla superbia che il tono perentorio del messaggio rivela. Perciò, pur ammettendo che l'affermazione dello slogan risponda al vero, ci resta il sospetto che sia accompagnata dalla tentazione diabolica di sentirsi separati dagli altri per una presunta superiorità. Proprio questo amareggiava la mia collega. Al contrario, chi è animato dallo spirito di condivisione non pensa affatto che una sua eventuale eccellenza lo renda superiore e distante dagli altri, ma piuttosto che lo impegni a essere ancor più responsabile nei loro confronti.
Ecco come un semplice slogan può malignamente confortare i nostri passi mentre ci allontaniamo dalla fraternità e quindi dalla democrazia.
Etichette: persone e parole, Pubblicità, solidarietà
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