Nella giungla delle etichette
Così si intitola l’articolo di Jenner Meletti oggi su la Repubblica.it.
Un’indagine sui prodotti che ogni giorno compriamo al supermercato
per scoprire le piccole grandi bugie dell'industria alimentare.
Pare infatti – e noi ne abbiamo parlato sullo scorso numero di DM&C – che, oltre a una bella lente di ingrandimento, nel carrello bisognerebbe infilarci pure un esperto: immagini ingannevoli, valori nutrizionali incomprensibili, indicazioni che - quando ci sono - sfidano l'intelligenza e la pazienza del lettore.
Eppure le regole esistono: già nel 2002 un apposito regolamento europeo recitava che "etichettatura, pubblicità, presentazione, compresi forma, aspetto, confezionamento e informazioni non debbono trarre in inganno il consumatore".
Ma perché quando i consumatori hanno chiesto di conoscere l'origine dei prodotti agricoli contenuti negli alimenti, la Commissione ha risposto che l'etichetta di provenienza è un “elemento volontario"?
Non stupiamoci, allora, che il tacchino Rovagnati trasformato in fette di arrosto, grammi 120, euro 2,99, abbia fatto un lungo viaggio: "Provenienza: Brasile" o se sulla confezione del Danacol della Danone ("il tuo alleato contro il colesterolo") spunti - scritta bene in piccolo - l'avvertenza: "Nel caso si stia seguendo una cura contro il colesterolo, consumare il prodotto solo sotto controllo medico".
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