16.4.08

Scriviamo la nostra storia, mattone su mattone

Sul vantaggio del riscoprire il “fanciullino” che è in noi ha scritto, dopo Pascoli, un sacco di gente. Riscoprire la naturalezza, la disinibizione, la capacità di chiamare pane il pane senza farsi troppe seghe mentali eccetera.
Tempo fa ho letto un libro molto divertente sulla creatività, Un mare di idee. Vi ho trovato un pensiero di quelli che si fanno ricordare. Eccolo.

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Gli adulti tendono a fare quello che loro o altre persone hanno fatto la volta precedente.
Per i bambini non esiste volta precedente. Ogni volta è la prima volta. E quindi quando partono in esplorazione alla ricerca di idee, esplorano una terra che è fresca ed originale, una terra senza regole, un terra senza confini o steccati o muri o frontiere, una terra infinita di promesse e opportunità.
Vi ricordate la storia di Robert Pirsig, in Zen and the Art of Motorcycle Maintenance, sulla ragazza che non riusciva a trovare niente da dire per il tema di 500 parole sugli Stati Uniti che doveva svolgere? L’insegnante le disse di scrivere qualcosa su Bozeman, Montana, la cittadina in cui si trovava la scuola, invece che sugli Stati Uniti in generale. Niente. Poi le disse di scrivere sulla strada principale di Bozeman. Ancora niente. Allora le disse, “Limitati a descrivere la facciata di un edificio sulla strada principale di Bozeman. Il teatro lirico. Inizia dal mattone in alto a sinistra.”
Alla lezione successiva la ragazza consegnò un tema di 5000 parole sulla facciata del teatro lirico sulla strada principale di Bozeman. “Mi sono seduta nel bar di fronte,” raccontò “ed ho iniziato a scrivere sul primo mattone, e poi sul secondo mattone, e quando sono arrivata al terzo tutto mi usciva di getto e non sono più riuscita a fermarmi.”
“All’inizio era bloccata,” scrive Pirsig, “perché stava cercando di ripetere, per iscritto, le cose che aveva già sentito. … Non riusciva a scrivere nulla su Bozeman, perché non riusciva a ricordarsi nulla, di quello che aveva sentito, che valesse la pena di ripetere. Stranamente non si rendeva conto che poteva guardare e vedere tutto da sola, senza preoccuparsi di quello che era già stato detto prima.”
I bambini non hanno di questi blocchi, perché i bambini non sanno nulla sul prima. Conoscono solo il presente. Perciò quando cercano la soluzione di un problema guardano e vedono le cose come stanno. Ogni volta. Non rispettano le regole, perché non sanno che esistono delle regole. Fanno cose strane che mettono a disagio i genitori. Si alzano in piedi in barca e la fanno
dondolare. Gridano in chiesa, giocano coi fiammiferi, e suonano il piano con i pugni. Vedono in continuazione delle relazioni nuove tra cose apparentemente scollegate. Dipingono gli alberi arancione e l’erba viola, e mettono il camion dei pompieri sulle nuvole. Studiano con attenzione le cose più comuni – un filo d’erba, un cucchiaio, un volto – e hanno un senso di stupore per cose che la maggior parte di noi dà per scontate. Chiedono, chiedono e chiedono ancora. I bambini sono degli scienziati nati.


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Lo ripesco oggi, quel pensiero, da quel mare di idee, perché domani terrò un corso sulla creatività nella scrittura. E forse anche perché mi fa bene al cuore pensare che se fossi un bambino non starei troppo a soffrire per quello che è successo tre giorni fa. Direi “ohhh”, mi farei domande meno tendenziose e ingarbugliate di quelle che mi sto facendo ora. Andrei avanti, con stupore autentico, cercherei e troverei i miei perché. Costruirei il mio futuro partendo dal presente, dai valori in cui credo, a prescindere da quelli in cui sembrano credere i più. Scriverei la mia storia, un mattone dopo l’altro, e mi uscirebbe tutto di getto.

Devo imparare dai bambini.

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