Le parole e le cose
È una donna a parlare in questi giorni ai milanesi, ed è Letizia Moratti.
Parla della sua candidatura a sindaco di Milano,
e lo fa con immagini che la ritraggono divina, e con parole che profumano ambrosia: curate, selezionate, perfette.
Parole che condensano più punti di vista ma, bandita ogni eccentricità,
si concentrano su un nucleo preciso: il cuore di Milano.
Una lettera apre l’opuscolo inviato ai cittadini e il sito creato per l’occasione:
è una “lettera aperta” alla città e all’ascolto: Ascolto il tuo cuore, Milano! recita anche il finale. L’ascolto è quello della condivisione (mettiamoci in comune, del resto, è il suggerimento iniziale, scopertamente ambiguo):
un percorso di ascolto, di analisi, di incontro durante il quale ci scambieremo idee, progetteremo il nostro futuro, costruiremo il programma.
La finestra si apre su un futuro solido, che si può “costruire”. Mica solo emozione, infatti. Rivolta a uomini e donne com’è, parla due linguaggi:
ragione e sentimento accordano tutti, tutti vi si possono ritrovare.
E così fanno le parole dei sensi, che attivano vista, udito e altro,
e coinvolgono ogni lettore.
Così fanno i truismi: La partecipazione responsabile di ognuno è indispensabile per poter decidere rapidamente, nell'interesse di tutti, trionfo di generalizzazioni, cancellazioni e deformazioni linguistiche per cui, sì: vuoi non darle ragione?
Così fanno le letture del pensiero (So che oggi molti di voi sono preoccupati per il futuro) che ti seducono con l’atmosfera di casa. Proprio come quei nomi così familiari, che quasi pare ti si materializzino davanti la signorina Rossi, la prima maestra alle elementari, e le professoresse di matematica Anna Marchetti e di storia dell’arte Luisa Cogliati, che a Letizia insegnarono
la cura dei rapporti umani, il rispetto delle opinioni altrui, soprattutto la passione per la bellezza della nostra Città. Quei valori che permettono a ogni donna e a ogni uomo, ovunque siano nati, di sentirsi milanesi.
Convinzioni e valori fanno gruppo, si sa.
E proprio Milano, i milanesi, la milanesità sono invocati ben 43 volte,
60 se consideriamo anche l’avverbio qui.
Perché è da qui, cioè Milano, che si allarga il respiro di quelle parole:
che partono da Letizia, arrivano a tutti voi cittadini, si fondono
in un (ruffiano?) noi, per poi tornare su lei: è sempre stato il mio metodo.
E, ancora con moto armonico, si irradia la spola tra Milano e il mondo:
in questa Città sono nata, qui sono andata a scuola e qui […] mi sono laureata. A Milano […] ho creato la mia famiglia. […]. A Milano ho fatto i primi passi nel mondo del lavoro […] Qui sono sempre ritornata per restituire alla Città il meglio della mia esperienza.
È una donna a parlare, e sotto leggi un’equazione: Moratti=Milano.
Mentre incrociamo le dita, penso al libro Perché siamo antipatici? La sinistra e il complesso dei migliori di Luca Ricolfi: l’autore indaga
le ragioni di un linguaggio malato, quello di certa sinistra (ma non solo)
che parla a schemi, ha paura delle parole vicine alla vita, sceglie “un linguaggio che manda in esilio le cose e le sostituisce con formule astratte e parole vaghe”.
E penso a Luisa Carrada che, proprio recensendo quel libro, ci ricorda come un’altra donna raccomandasse di “dissipare la nebbia”. Era Natalia Ginzburg: “una donna di sinistra cui il tema dell'onestà delle parole e della loro aderenza alle cose stava veramente molto a cuore”.
Riflettendoci, c’è ancora da imparare, per fortuna.
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