4.3.07

Più orecchio che voce

“Non c’è più il futuro di una volta”. Questo il titolo di un convegno di venerdì (breve sunto nel post precedente). La star era il mio amico Paolo Iabichino, che ci ha portato avanti di qualche anno nello scenario della comunicazione. Sembrano sbiadirsi i target, ossia i consumatori come bersagli da colpire, languono le strategie e le tattiche della marchetta, e torna in voga la conversazione tra chi ha bisogno di qualcosa e chi quel qualcosa ce l’ha lì, pronta da vendere. Torna in primo piano l’ascolto. E non quello dell’auditel, ma quello delle persone. Paolo ci ha detto che in Ogilvy, la sua agenzia, le nuove assunzioni strategiche sono state non solo per creativi molto fantasiosi, ma per giovani capaci di osservare, ascoltare, fiutare i fenomeni che si manifestano nella società: ragazzi che passano il tempo a cercare cose nuove nella rete e che stanno là fuori, per strada, ad accorgersi di come cambia la vita.

Bene. Dopo la frullata del venerdì, viene il sabato, per riposare e far sbollire le idee, e poi la domenica, giù di nuovo a leggere, e riflettere.

Oggi, in un giro in rete, ritrovo proprio nel blog di Paolo, www.invad.it un sacco di spunti su questo nuovo scenario. Dice Paolo: “la pubblicità è passata dalla persuasione alla pervasione, insinuandosi ovunque per trovare nuovi territori d’ascolto, laddove gli individui hanno imparato a svicolare, criticare, boicottare, scegliere, consigliare e relazionarsi in maniera diversa. I ragazzi, le persone - o peggio, i consumatori e i responsabili d’acquisto - sono sempre meno davanti a uno schermo e sempre più di fronte a un monitor o a un display, usano la rete per connettersi tra loro, per condividere e scambiare esperienze.”

Allora mi torna in mente un numero di Comunico, tutto dedicato proprio all’ascolto. In particolare, un articolo di Claudio Maffei, dal titolo Comunicatori: dovremmo avere più orecchio che voce.

Poi ricevo una mail da Carlo Dellasega, direttore della Federazione trentina della cooperazione, che era con noi al convegno di venerdì: Ciao Alessandro, sono all’assemblea di una nostra Famiglia Cooperativa. Ci sono + di 700 soci. Una socia con emozione ha detto: “Voi amministratori siete bravi a comprare, ma un BRAVO al personale che sa vendere perché per me e per gli altri soci venire in cooperativa a far la spesa è come andare in famiglia. Questo è il vostro successo. E per confermarlo vi dico che una mia amica socia malata mi ha detto che quando viene in Famiglia Cooperativa si sente meglio. Cosa te ne pare? Carlo

Me ne pare, Carlo, che la storia potrebbe essere davvero maestra di vita. Chi come voi, nel Trentino, ha una tradizione di cooperazione, ossia di conversazione mirata al miglioramento della vita e del lavoro delle persone, è un passo avanti. Stare là fuori, in strada, a parlare e ascoltare la gente: questo è sia il futuro della comunicazione. Altro che business plan e marketing mix.

Oggi pomeriggio ho fatto un giro in una fiera di paese. Un venditore di spremilimoni - microfonato, voce ammaliante, verve da cabarettista - mi ha dato una lezione di entertainment. Gli ho rubato un paio di idee: domani me le spendo a Torino, in un’azienda dove tengo un corso di public speaking.