Schifo
Tranquilli, non è il pensiero di riprendere il lavoro dopo una po' di ferie che mi fa titolare questo post (al contrario: godersi la vacanza e allo stesso tempo aver voglia di ricominciare è uno stato d'animo piacevole).
È semplicemente il titolo di un "Lapsus", la rubrica di Stefano Bartezzaghi su Repubblica, di qualche giorno fa.
Lo trascrivo tutto quanto qui, per diversi motivi. Perché è un pensiero che ho fatto anch'io, leggendo del momento più alto delle nostre cronache giudiziarie estive, ma ovviamente lui lo dice mille volte meglio. Perché ho una spiccata simpatia per la parolaccia detta nel modo giusto e al momento giusto. Perché un momento di ironia (e magari anche di autoironia) fa sempre bene alla salute. Perché è una netta smentita a quanto prédico da anni in aula, cioè che è meglio scrivere frasi brevi: la prima frase di Bartezzaghi misura 194 parole, ma non riesci mai a staccarti e te le cucchi tuttedunfiatounaperunafinoallafine. E poi perché davvero mi spiacerebbe perderlo, e se ce l'ho qui poi so che lo ritrovo.
E ben ritrovati anche voi!
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SCHIFO, di Stefano Bartezzaghi, su Repubblica del 6 agosto 2007
Caro cittadino a cui è occorso di dire “mi fai schifo” a una persona, e in conseguenza di questo ha subito un primo processo al termini del quale il giudice di merito l'ha assolta grazie al fatto che lei aveva usato la particella pronominale “mi”, a significare che la sua valutazione sulla schifosità del suo interlocutore non voleva essere di tipo oggettivo ma accettava persino sintatticamente lo statuto opinabile del parere soggettivo e perciò non costituiva un’offesa vera e propria, come sarebbe stato se avesse detto semplicemente “fai schifo” – o addirittura citando un’ormai antica canzone “tu fai schifo sempre” -, ma che essendo il presunto schifoso un reale pignolo è stato trascinato poi in Cassazione, come se l’ordinamento giudiziario non avesse di meglio su cui sentenziare, e lì si è visto ribaltare le sentenze assolutorie con conseguente rinvio a un nuovo processo d’appello che potrebbe finire anche con una condanna a una pena che in quel malaugurato caso dovrebbe essere di lieve entità ma che almeno sul piano morale dovrebbe pesarle – non si dice “dovrebbe farle schifo” per non far ripartire la giostra – ci permettiamo un suggerimento.
La prossima volta lo mandi affanculo. Proprio la Cassazione, e pochi giorni fa, ha stabilito che si può.
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