18.10.08

“I nostri figli negri”

Ho letto questa e-mail in un forum.
L’ho letta come madre, insegnante, cittadina, persona.
È passato qualche giorno e ho contattato il suo autore
che nel frattempo l’aveva inviata alle redazioni.
Il mio interesse si è dapprima incentrato sul linguaggio,
diretto, inequivocabile, quindi è andato oltre.
Il punto di vista parte infatti settoriale
poi ci coinvolge,
e quei figli negri sono davvero anche i nostri.
Grazie Massimo.

Siamo un gruppo di famiglie adottive (qualcuna ha già con sé i propri figli, altre sono in attesa) e molti di noi hanno figli con una pelle di colore diverso dalla maggioranza dei bambini della loro classe. Per dirla con le sottili metafore utilizzate dal nostro popolo di santi, eroi e navigatori (che in strada o in treno non sta troppo a sottilizzare fra chi ha il permesso di soggiorno e chi è irregolare, chi è di seconda generazione e chi è adottato e chi è figlio di coppie “miste”) sono negri. O cinesi, o marocchini, o zingari... ormai qui si picchiano tutti senza troppe distinzioni. E questo, da genitori, ci fa paura.
Noi stiamo crescendo i nostri figli in una famiglia italiana, pur rispettando le loro origini e le loro storie, e non vorremmo che, una volta riusciti a mitigare il loro dolore per l'abbandono e aiutati a integrarsi nella società che li circonda, si trovassero a essere fermati da qualche vigile urbano, o da qualche naziskin, che li pesta dicendo di tornare al loro Paese, che guarda caso è questo. Scusate la crudezza del titolo di questa mail, ma non ne possiamo davvero più (...). E siamo frustrati dal fatto che fra noi famiglie adottive, in riunioni e forum su internet, parliamo di quanto sia bello accogliere un bambino, mentre sul treno un signore spiegava a un suo amico che “è meglio che Obama non venga eletto, se no si montano la testa anche i negri che abbiamo qui”. (…)
Forse questi atteggiamenti sono dettati dalla paura, una paura dovuta anche ad altre incertezze di ordine economico: le banche senza soldi, le case che perdono valore pure dove non vivono gli extracomunitari, le magnifiche sorti dell'alta finanza che ora sembrano non poter proseguire senza il sussidio pubblico, come un qualsiasi capoluogo del meridione... In una situazione così difficile, quando qualcuno se la prende con i negri, sarà sicuramente un bullo idiota ma, guarda caso, identifica un “nemico” facilissimo da individuare a occhio nudo.
Sarebbe compito della società civile, della stampa e della cultura educare a distinguere fra imbecilli e razzisti, fra clandestini e immigrati regolari (…). Ma quando si rincorre qualcuno brandendo una spranga, non si sta lì a chiedere il permesso di soggiorno, ed è più facile individuarlo se ha una pelle di colore diverso. E questo, mi spiace, ma è razzismo.
Quel razzismo che grida ai diversi “torna a casa tua”. Ecco, per i nostri figli (per tanti figli adottivi negri, gialli, verdi o blu-livido), “casa tua” è questo Paese.
Che amiamo, anche se sta diventando astioso come un vecchio impaurito dal mondo che gli sta cambiando intorno, e che per questo avrebbe bisogno di essere assistito e rassicurato.
Magari da una badante, possibilmente in regola.

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