29.1.06

Maestra, è stato lui!

La saga è scatenata: le leggi ad personam le ha fatte lui, mica io! e io non ho mai sbagliato niente, loro sì; sono loro che portano sfiga, se no andremmo benissimo.
Il tono di questa campagna elettorale è questo: maestra è stato lui! il mio papà è più ricco del tuo, cicca cicca. Da lì a “il mio è più lungo” manca davvero un niente.

Beh, confesso che quando ho visto in giro la campagna “NO, GRAZIE” – www.forzaitalia.it/manifesti2006/ - ho avuto un tremito. L’impatto è innegabile. Dev’esserci dietro un guru, ho pensato (infatti). Poi, però, a furia di vederli quei manifesti, mi sanno di boomerang. Per tre motivi.

1) Un messaggio tutto negativo

- Immigrati clandestini a volontà? no, grazie
- Fermiamo le grandi opere? no, grazie
- I “no global” al governo? no, grazie
- Più tasse sulla tua casa? no, grazie
- Più tasse sui tuoi risparmi? no, grazie

Si può impostare una campagna elettorale tutta al negativo?
Sappiamo come funzionano le negazioni: “non pensare a un elefante che vola!”; che cosa c’è adesso nella tua testa? l’elefante, ovvio. La negazione è un concetto matematico recepito dall’emisfero sinistro, e quindi in ritardo. Il cervello recepisce prima l’immagine positiva, con l’emisfero emotivo, poi deve cancellarla con quello logico-razionale. Passaggio lento.
Per questi alcuni la usano ad arte: “Se vi piace classe E, non compratela”, dice Mercedes: invitando a non fare quello che in realtà vuole si faccia, può ammorbidire un lettore riluttante. Si diceva preterizione, in retorica. Ma può essere il nostro caso?

2) Un messaggio solo per i “via da”

Esistono due filtri con cui selezioniamo informazioni ed emozioni: il filtro “via da” e il filtro “verso”. Essi ci aiutano a scappare via da problemi già vissuti o temuti, oppure a muoverci verso un obiettivo desiderato.
Per esempio: “Mi piacerebbe organizzare una vacanza lontano dallo stress” è “via da”; “Mi piacerebbe organizzare una vacanza dove rilassarmi e riposare” è “verso”. “Nel lavoro evito accuratamente le persone negative” è “via da”. “Nel lavoro amo circondarmi di persone positive” è “verso”.
Chiedi a un amico i suoi progetti, ti risponde quello che non vuole, che lavora per non impoverirsi, ogni tanto fa l’amore per fuggire l’apatia: è impostato sul via da. Chi è impostato sul verso, invece, è teso al futuro, in genere è più ottimista, positivo, intraprendente.

Dov’è finita, presidente, la sua carica di energia, sempre intrisa di sogno e di ottimismo? Questa regressione sul via da ci fa pensare: o non ci crede più neanche lei, oppure - come diceva Abatantuono nei panni di Attila, “ci strizza ‘o peperone”.

3) Un messaggio da follower

Da inseguitore, non da leader. Quando siamo costretti a scimmiottare l’avversario, a fargli il verso con toni da avanspettacolo, in genere è perché gli stiamo dietro, non davanti. Ne trovo conferma nell’altra campagna, denominata “speriamo di no” (www.forzaitalia.it/speriamodino/)
- Oggi leggi per i nostri figli. Domani per il consorte
- Oggi governi stabili, domani precari
- Oggi occupazione, domani okkupazioni
e via così, sempre con il motto finale: “Domani è un altro giorno. (speriamo di no)”

Mi sa che stavolta il guru l’ha presa un po’ sotto gamba.

22.1.06

Domani è un Altro giorno

“Italia, forza. Niente paura, avete letto bene.”
“Oggi precarietà, domani lavoro. Oggi leggi su misura, domani riforma. Domani è un Altro giorno. Oggi devolution, domani Italia.”
Un segno di novità, uno almeno, c’è, in questa campagna elettorale.
Spariti (o quasi) i faccioni dal sorriso ammiccante, o dal ghigno da pescecane. Spazio ai testi. Oddio, testi... slogan, sì, solo slogan, ma almeno è scrittura. Che - se i nostri studi ci hanno insegnato qualcosa - dovrebbe avere dietro le idee.
Confrontiamole un attimo, queste idee.

ITALIA, FORZA.
http://www.italiaforza.it/
Variazione linguistica, infrazione ritmica, con quella virgola messa lì mica a caso. Il manifesto cattura l’attenzione del passante sopra pensiero, e lo rincuora contro il pessimismo distruttivo dei comunisti, incitandolo con un grido da stadio. Che immaginiamo ripetuto, e ripetuto, e ripetuto, e scandito in coro, con tanto di trombetta e di battimani. Buona idea, niente da dire.
Poi la caduta di tono: “Niente paura, avete letto bene”. Due parole di significato negativo, in apertura, che smorzano l’eccitazione del mantra iniziale, e quel pat pat sulla spalla, magari con l’occhiolino rassicuratore, che fa un po’ vecchia mammana e un po’ maestrino da libro Cuore. Cos’è, non potevamo arrivarci da soli a capire l’antifona? mah, forse no, grazie.

DOMANI È UN ALTRO GIORNO
http://www.dsonline.it/partito/comunicazione.asp
Messaggio per idealisti. Gente che guarda avanti, che proietta il pensiero nel futuro.
Il contrasto tra l’oggi e il domani, antico come il mondo, si sviluppa sulla soggettiva “linea del tempo”, e porta a traghettare la negatività di un presente insoddisfacente (parole piccole, nere) verso gli obiettivi sociali e politici (parole grandi, rosse). Con un punto, alla fine, a dare certezza e stabilità al pensiero.
Sotto, il motto “Domani è un Altro giorno”, con la A maiuscola che fa emergere il concetto di “altro”, e i suoi molti significati: diverso, alternativo, nuovo; ma anche il prossimo, la gente. Richiami all’alternanza elettorale ma anche all’anima e alla tradizione della sinistra.

Vuoi dire, allora, che domani sia davvero un Altro giorno?


P.S. per cantarla, poi, http://www.italianissima.net/testi/domgio.htm

20.1.06

Tra i rami a rappellare, sull’albero delle fiabe

Uno dei libri più belli di Italo Calvino non è stato scritto da lui. Sono le Fiabe italiane. Calvino ha fatto un lavoro enorme e prezioso, ma le storie, quelle vengono da un altrove antico, diffuso e pieno di fascino. Dalle raccolte precedenti (di Gherardo Nerucci e di Giuseppe Pitrè per fare solo i due nomi principali) e prima ancora dalle voci di chi direttamente le raccontava (Agatuzza Messia, per dirne una, settantenne tata siciliana, analfabeta: una miniera di storie).

Le Fiabe italiane sono tre volumi. Anni fa li acquistai e ne lessi qualcuna qua e là a casaccio, sono 200. Ma erano anche altri tempi e soprattutto, che diamine, non avevo a chi narrarle queste fiabe. In questi giorni invece, spizzicando, mi leggo anche l’introduzione e soprattutto le note.
E godo.
Nell’introduzione trovo questo passaggio, che illumina e rinforza tutti i miei giochini di mescolar trame, far viaggiare i personaggi da un libro all’altro e nani strani, principesse grasse, principi calvi e chi più ne sa più ne ribalti.
Scrive Calvino: In tutto questo mi facevo forte del proverbio toscano caro al Nerucci, “La novella nun è bella se sopra non ci si rappella”, la novella vale per quel che su essa tesse e ritesse ogni volta chi la racconta, per quel tanto di nuovo che si aggiunge passando di bocca in bocca.

Nelle note poi c’è Calvino stesso che racconta il proprio lavoro. E soprattutto saltano fuori parentele e discendenze tra storia e storia: una specie di albero genealogico della Fantasia, con radici, tronco, foglie e gemme.
Così su un ramo trovi la Bella addormentata e i suoi figli, crudele seguito calabrese della più nota vicenda. Su un altro scopri che Cenerentola ha una cugina palermitana, che trova la sua fata in un ramo di gràttula, datteri.
Io ora sto su un altro ramo con Comare Giovannuzza, una volpe catanese furba come un gatto. Anche senza stivali.

Zio Burp

19.1.06

Le parole e le cose

È una donna a parlare in questi giorni ai milanesi, ed è Letizia Moratti.
Parla della sua candidatura a sindaco di Milano,
e lo fa con immagini che la ritraggono divina, e con parole che profumano ambrosia: curate, selezionate, perfette.
Parole che condensano più punti di vista ma, bandita ogni eccentricità,
si concentrano su un nucleo preciso: il cuore di Milano.

Una lettera apre l’opuscolo inviato ai cittadini e il sito creato per l’occasione:
è una “lettera aperta” alla città e all’ascolto: Ascolto il tuo cuore, Milano! recita anche il finale. L’ascolto è quello della condivisione (mettiamoci in comune, del resto, è il suggerimento iniziale, scopertamente ambiguo):
un percorso di ascolto, di analisi, di incontro durante il quale ci scambieremo idee, progetteremo il nostro futuro, costruiremo il programma.

La finestra si apre su un futuro solido, che si può “costruire”. Mica solo emozione, infatti. Rivolta a uomini e donne com’è, parla due linguaggi:
ragione e sentimento accordano tutti, tutti vi si possono ritrovare.
E così fanno le parole dei sensi, che attivano vista, udito e altro,
e coinvolgono ogni lettore.
Così fanno i truismi: La partecipazione responsabile di ognuno è indispensabile per poter decidere rapidamente, nell'interesse di tutti, trionfo di generalizzazioni, cancellazioni e deformazioni linguistiche per cui, sì: vuoi non darle ragione?
Così fanno le letture del pensiero (So che oggi molti di voi sono preoccupati per il futuro) che ti seducono con l’atmosfera di casa. Proprio come quei nomi così familiari, che quasi pare ti si materializzino davanti la signorina Rossi, la prima maestra alle elementari, e le professoresse di matematica Anna Marchetti e di storia dell’arte Luisa Cogliati, che a Letizia insegnarono
la cura dei rapporti umani, il rispetto delle opinioni altrui, soprattutto la passione per la bellezza della nostra Città. Quei valori che permettono a ogni donna e a ogni uomo, ovunque siano nati, di sentirsi milanesi
.
Convinzioni e valori fanno gruppo, si sa.

E proprio Milano, i milanesi, la milanesità sono invocati ben 43 volte,
60 se consideriamo anche l’avverbio qui.
Perché è da qui, cioè Milano, che si allarga il respiro di quelle parole:
che partono da Letizia, arrivano a tutti voi cittadini, si fondono
in un (ruffiano?) noi, per poi tornare su lei: è sempre stato il mio metodo.
E, ancora con moto armonico, si irradia la spola tra Milano e il mondo:
in questa Città sono nata, qui sono andata a scuola e qui […] mi sono laureata. A Milano […] ho creato la mia famiglia. […]. A Milano ho fatto i primi passi nel mondo del lavoro […] Qui sono sempre ritornata per restituire alla Città il meglio della mia esperienza.

È una donna a parlare, e sotto leggi un’equazione: Moratti=Milano.

Mentre incrociamo le dita, penso al libro Perché siamo antipatici? La sinistra e il complesso dei migliori di Luca Ricolfi: l’autore indaga
le ragioni di un linguaggio malato, quello di certa sinistra (ma non solo)
che parla a schemi, ha paura delle parole vicine alla vita, sceglie “un linguaggio che manda in esilio le cose e le sostituisce con formule astratte e parole vaghe”.
E penso a Luisa Carrada che, proprio recensendo quel libro, ci ricorda come un’altra donna raccomandasse di “dissipare la nebbia”. Era Natalia Ginzburg: “una donna di sinistra cui il tema dell'onestà delle parole e della loro aderenza alle cose stava veramente molto a cuore”.

Riflettendoci, c’è ancora da imparare, per fortuna.

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18.1.06

Internet, operazione credibilità

Lo ha già fatto Martha Stewart, la regina dei buoni salotti e del giardinaggio, status symbol delle signore bene americane: accusata di insider trading, dopo un'esperienza di carcere si è aperta un sito nel tentativo di smontare le accuse. Ora anche Kenneth Lay - l'uomo dello scandalo Enron - tenta la sua "operazione credibilità"...

16.1.06

Impressioni... impressionanti!

"You never had a second chance to make the first impression."

Da oggi, per il Web è ancora più vero. Uno studio svolto da alcuni ricercatori canadesi ha infatti dimostrato che gli utenti giudicano una pagina Web con una rapidità davvero impressionante: due decimi di secondo. Non ci credete? Andate a leggere questo articolo, pubblicato su "Repubblica.it": Basta un battito di ciglia per decidere se un sito piace.

Si parla di pregiudizi cognitivi, "effetto alone" e di approcci puritani alla pagina Web. Tutte cose di cui si occupano da tempo gli studiosi di usabilità e di cui, da un po' meno tempo, ma animati dallo stesso "sacro fuoco" della ricerca, ci stiamo occupando anche noi, nella Palestra della scrittura.

PS Chissà, magari nel rapido volgere di un battito di ciglia si cela anche la spiegazione del "colpo di fulmine"...

NdR: come sapete, ogni mese mettiamo a disposizione un capitolo della Magia della scrittura: è il turno di Emiliano che si è occupato di: D - Divulgazione scientifica.

14.1.06

È una bella notizia, a saperla leggere

L'azione protettiva del resveratrolo nei confronti dei virus dell'influenza […] si esplica impedendo al virus di replicarsi all'interno delle cellule dell'epitelio respiratorio. Il Resveratrolo, a contatto con le cellule infettate dal virus, inibisce l'enzima proteinchinasi C e la successiva cascata intracellulare di segnali, che porta alla fosforilazione di proteine coinvolte nella traslocazione delle particelle virali di nuova sintesi dal nucleo al citoplasma.


Tranquilli, è una bella notizia ANSA. Per palati fini, s’intende.
E non solo perché prosegue decantando le proprietà antinfluenzali del vino rosso, ma perché capirla è mica da tutti.
Certo, l’articolo inizia con un’informazione chiara:
il resveratrolo è una sostanza presente nella buccia dell’uva.
Poi continua così.

(E tutti lì a dirsi: “aaah, fiuuu… meno male!”)

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11.1.06

Chi è il fotografo della Moratti?

Nella vita scrivo. Parlo di scrittura e scrivo. Da anni tengo corsi sulla scrittura, e quindi parlo, parlo, parlo: qualche volta tengo corsi anche sul parlare in pubblico. Ma prevalentemente scrivo. Ho sempre scritto.
E scrivere, si sa, è una fatica nera. Ti metti lì, scaletta, giù a scrivere di furia, il groviglio delle revisioni, poi lasci lì, poi riprendi, e non ti piace più, butti via, riscrivi.
Hai voglia, le “sudate carte”, per forza.
Ho sempre avuto un’invidia per quelli che sanno comunicare con le immagini: pittori, disegnatori, vignettisti, caricaturisti, quattro schizzi di matita e via. E i fotografi, poi, click e click e click, ed è bell’e fatto. Chissà, magari anche loro le fanno, le loro prove e riprove. Sì, dai, compagni disegnatori e fotografi, dicevo così, per calcare un po’ il vittimismo. Però l’impressione è che l’immagine sia più veloce, non solo nella fruizione, forse anche nella sua stessa creazione.
Se qualcuno conosce professionisti esperti nell’uso dell’immagine nella comunicazione scritta, noi della Palestra della scrittura siamo interessati a collaborare: come scegliere e accostare foto, grafici, disegni, vignette, a corredo di un testo; o come a volte sostituire il testo con un’immagine; come guidare l’attenzione del lettore - in una pagina web, in una brochure, in un progetto scritto - tra testi e immagini.
Sono anche questi campi su cui stiamo sviluppando ricerca.
www.palestradellascrittura.it
info@palestradellascrittura.it
Grazie.

PS: a proposito d’immagini, qualcuno conosce il nome del fotografo di Letizia Moratti? Milano è tappezzata di foto di una dea che vuole fare il sindaco. A monte il sindaco, ma che click! Pensavo di fare anch’io un giro da lui: gli anni stanno passando.
Va beh, ora è buttata lì così... torneremo su questo tema.

4.1.06

Aspetto

Aspetto.
Non l’autobus 93, il fidanzato, la fine del mondo o che il tempo passi:
aspetto un bambino.

Aspetto che nasca Francesco.
Manca poco, ormai, giorni.
La pancia sembra una piccola mongolfiera.

E sono tante, troppe, le paure che emergono, giorno dopo giorno, attimo dopo attimo.

Paura che il bambino non sia…
Paura che sia…
Paura di non essere (io)…
Paura di essere…

…e tanta paura del parto.

Su quest’ultima questione, il parto, mi sono molto di aiuto le parole scritte da Fréderick Leboyer , medico francese “padre” della nascita senza violenza.

…magia della scrittura?

Probabilmente le sue parole hanno un effetto così potente su di me
perché sono coinvolta, non so:

Il parto

“Se avete capito cos’è lasciarsi andare, l’abbandono,
se tutto, nel vostro corpo, è aperto, libero, disteso e,
particolarmente, la bocca, la gola, le mani, gli occhi
allora non dovete fare proprio niente.

Se non lasciar fare, lasciare nascere il bambino.

Basta non fare opposizione, non spaventarsi,
né irritarsi della forza, della frenesia
che il bambino mette a voler nascere.

Infine, supremo sacrificio, abnegazione totale,
bisogna dirgli dentro di sé
sì, lasciami.

La vita, la tua vita è là, davanti a te.
Prendila.”

(F. Leboyer Dalla luce il bambino. Ed. Bompiani)