29.4.07

Sindacato in "crisi"?

Diciassette sindacalisti di banca: questo è stato il pubblico del mio ultimo corso di scrittura efficace. Erano responsabili di varie sedi provinciali della FABI, Federazione autonoma bancari italiani.
Oddio, ho pensato, qui abbiamo ben due mostri da affrontare: il banchese e il sindacalese.

Sul banchese ero abbastanza preparato: ho lavorato parecchio nella formazione con le banche; ho imparato a districarmi tra fondi azionari e obbligazionari, pronti contro termine, mutui ipotecari, oneri percentualizzati, estratti di conto scalare, prime rate (che non sono le rate iniziali, ciuccio che sono stato la prima volta, ma è il praim reit), e a tradurre in italiano espressioni come: Euribor, S.B.F., Ri.Ba., Rid, effetti, appunti, chirografario, dare l’avallo, ragionare per forfettizzazioni, applicare la commissione di massimo scoperto, applicare il tasso di conduzione a regime...

Sul sindacalese mi sono dovuto preparare, ma partivo - confesso - da una fiducia limitata. Riusciremo mai, pensavo, a fare a meno di espressioni ormai fossilizzate, come queste? Costruire le piattaforme di base, realizzare un obiettivo, andare ad un sereno e leale confronto, venire a una stretta, tracciare il quadro di riferimento, aprire un tavolo, andare a una concertazione vera, mettere in moto una dinamica, portare avanti una linea unitaria, trovare l'escamotage, una via percorribile, lo snodo fondamentale, ci sono punti che hanno bisogno di una puntualizzazione, c'è in atto un grosso lavoro..., e gli altri termini tipici del linguaggio sindacale, ben elencati da Maurizio Crippa in un suo articolo sul Mestiere di scrivere?

E invece...
Obiettivi espressi dai partecipanti nel giro di tavolo iniziale: farsi capire dai lettori, conoscere la loro mappa percettiva, argomentare avendo sempre in mente i loro bisogni, andare al sodo senza risultare ruvidi, saper gestire le buone e anche le cattive notizie, scrivere mail che aiutino a negoziare senza mai irritare, raggiungere accordi in forma scritta, costruire relazioni positive con i vari interlocutori, siano controparti siano i colleghi associati. E via di questo passo.

Insomma, una rivoluzione. O una magia. O semplicamente una crisi, nel senso etimologico e anche positivo di cambiamento. Un cambiamento nella direzione della conversazione, tema più volte affrontato in queste colonne, anche proprio a proposito di banche.

Beh, un bel pensiero per affrontare l'imminente festa dei lavoratori.

Buon 1° maggio, Fulvio, Flavio, Alberto, Stefano, Domenico, Carlo, Tommaso, Igor, Giancarlo, Fabrizio, Vito, Luciano, Valter, Marco, Sabine, Giovanni, Leonardo.

Buon 1° maggio a tutti.

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23.4.07

dovere, piacere

(diritto e rovescio della parola)

«Buonasera, scusate se sono un po' commosso e magari si vede.
C'è stato qualche inconveniente tecnico e l'intervallo è durato cinque anni.
Ci sono momenti in cui si ha il dovere di non piacere a qualcuno,
e noi non siamo piaciuti.
Dall'ultima volta che ci siamo visti, sono accadute molte cose.
Per fortuna qualcuna è anche finita».

Sono le parole d’esordio a RT, Rotocalco Televisivo,
il nuovo programma di Enzo Biagi su RaiTre.
Resistenza e resistenze è il titolo della puntata inaugurale.
«RT inizia in un'occasione che mi pare del tutto speciale.
Tra tre giorni è il 25 aprile, una data che è ormai parte essenziale
della storia degli italiani» grazie alla quale
«hanno acquistato il diritto della parola».
Il diritto della parola. Viene la pelle d’oca a ricordarlo, ora.

Ma resistere non è storia passata, continua il giornalista:
anche oggi c’è sempre da resistere a qualcosa,
a promesse, tentazioni, servilismi, corse al potere.
Alla vecchia e nuova povertà. «Per tanti italiani il mese
ha una settimana in più. Per alcuni, poi,
di Italie ce ne sono due o tre, non solo il nord e il sud
ma anche quella di chi è troppo ricco e di chi è troppo povero.
Ma per noi di Italia ce n'è una sola: questa».
L’Italia che Biagi promette di raccontarci è quella dove protagonisti
sono i fatti.

I fatti, ieri sera nelle parole di Roberto Saviano, Gherardo Colombo,
Paolo Rossi, mons. Giancarlo Bregantini, Tina Anselmi, Vittorio Foa,
Primo Levi. E poi, in quelle degli operai di Bollate,
di chi a Roma occupa le case per bisogno,
dei giornalisti morti per aver voluto raccontare.

Da stasera l’appuntamento è di lunedì:
dottor Biagi, con piacere.

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17.4.07

87 secondi di…

Bianco e nero
Semplici note di un piano
Bolle di sapone e giochi di prestigio
Stupore, improvvisa tristezza
Profonda commozione
Un sorriso

Dico a me, che parlo sempre troppo.
Che vivo di superfluo,
che mi bagno di parole.
Che aggiungo sempre un rotondo aggettivo,
perché la frase mi suoni meglio;
dico a me:
guarda questo spot, e impara:
un’emozione può stare in una parola,
se detta al momento giusto,
nel modo giusto.
Anche in meno, forse:
in un gesto, in uno sguardo.
Che sia possibile?
Che sia magia?

http://www.samwarnaars.com/2007/03/17/213/

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11.4.07

L’urgenza di scrivere

Primo Levi esordisce come scrittore spinto dalla necessità di testimoniare.
Testimonia l’esperienza di Auschwitz, dove rimane un anno,
dopo essere stato catturato durante un rastrellamento fascista.
Come confessa in Se questo è un uomo, egli riesce a mettersi in salvo
per una serie di fortunate coincidenze,
ma al suo ritorno il reinserimento nella vita è difficile,
anche per la persistente volontà di ricordare:
ricordare al mondo la propria esperienza come esempio universale.

Se questo è un uomo è in parte racconto, in parte saggio
e documento storico, in parte profezia.
Linguaggio semplice e sintassi lineare registrano la realtà nuda:
questa la caratteristica che condensa la forza persuasiva del suo scrivere.

«La Stampa» di oggi lo ricorda così.

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7.4.07

La magia del cambiamento

A certe altezze i sensi vacillano e le membra tremano.
Le categorie logiche si perdono nella vastità dell’Essere.
E il Fare non conta più nulla.
Solo l’intento dell’Anima continua a dialogare con il Divino.
E solo l’Arte ci racconta cosa si vede di lassù.


Ho scritto queste righe, pochi giorni fa.
Le ho scritte avendo bene in mente una Donna, un’Artista.
E oggi, che ho saputo di Paul Watzlawick, mi sono tornate, appunto, in mente.

Esploratore del cambiamento e delle vie efficaci e brevi, ci lascia in eredità un patrimonio
di grande valore:
“chiuso” in pochi libri accessibili;
“aperto”, nel lavoro di allievi di mezzo mondo.


Paul Watzlawick è il Maestro del vivere la soluzione
in continua strategia, ma anche e soprattutto del Paradosso.
Ed è per questo che mi sono appassionato all’Uomo e al suo lavoro.

Quando la ragione, le categorie logiche e le teorie forti
non sono più in grado di spiegare ciò che la realtà mette in scena,
l’Arte del paradosso - ma non sola - può staccarci dal pernicioso
passato che ci attrae nel ricercare il “(…) motivo, l'origine,
la causa, quindi il “perché”, mentre nella visione pragmatica ci
chiediamo "ciò" che accade qui e ora
.”

Il paradosso gioca con la lingua, con la metafora e l’analogia,
con il ritmo e il tono. Con lo stratagemma, anche quello della nonna.
Rompe la linearità di causa-effetto e produce una sensazione
imperativa, magari nella pancia o certe volte nel cuore,
che sussurra lieve l’amatodiatamata parola: cambia!

Ho visto Paul Watzlawick una sola volta e pure da lontano.
Non avrei potuto scrivergli una lettera per chiedergli un consiglio.
O chiamarlo alle tre di notte per ricevere conforto.
Eppure, stasera, ho proprio l’impressione di aver perso un Amico.

- Paolo Carmassi -

post scriptum
L’Arte, quella talento e genio, si manifesta in tanti modi.
Attraverso le Muse, ma anche nel palleggio raffinato e
ispirato di un campione o nella magica combinazione
tatto-udito di un meccanico che fa di un motore, il Motore.
E allora immagino, che in questo momento, l’Artista del paradosso
Paul Watzlawick è immerso in un tramonto di savana e Paradiso,
caldo secco, controluce, e si avvicina sorridente a un altro
anziano signore e dice: Mr. Gregory Bateson, I suppose ;-)

4.4.07

Non esistono

“Il Governo afgano è impegnato a fabbricare prove che non esistono”
dice oggi Gino Strada, fondatore di Emergency,
a proposito del rapimento di Rahmatullah Hanefi
da parte dei servizi segreti afgani. Le fabbricherà con le parole.
Non esistono, ma le parole sanno prestarsi alla falsificazione dei mondi,
quando prescindono dal contenuto, dalla motivazione, dall’animo,
per concentrarsi solo sul logicismo della procedura.

“Siccome non possiamo eliminare d’un colpo solo il linguaggio,
dovremmo almeno non tralasciare nulla che possa farlo cadere
in discredito. Farvi un foro dietro l’altro finché cominci a filtrare
ciò che si cela dietro di esso, si tratti di qualcosa o di nulla;
per uno scrittore non posso immaginare oggi
una meta più alta”. Questo non è più Strada ma Beckett.
Per entrambi, la parola dovrebbe essere forata:
dovrebbe cioè lasciare lo spazio alla realtà,
al di là dei nascondimenti, al di là della malafede.

Io, intanto, firmo.

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2.4.07

Carta, addio?

Leggo: “Carta addio”, e penso: oh signur!
Mi si affollano in testa dedaliche biblioteche borgesiane, Alice -avete presente?- quando cade nel pozzo, e poi torchi e torcolieri e inchiostri, e
-su tutto- il piacere tattile della carta tra le mani,
della carta che ti regala sapere.
Poi penso a Centochiodi, all’immagine tesa di quei libri in supplizio,
e aspetto di vederlo tutto, questo film, per provare a parlarne.
Perché intanto qui voglio dire altro:
e cioè che il 3 e il 4 aprile, a Milano,
c’è il convegno OMAT,
che affronterà il tema della gestione delle informazioni digitali:
pare che solo nel 2006 siano stati creati e duplicati 161 miliardi di gigabyte
di informazioni in formato elettronico, circa tre milioni di volte
le informazioni contenute in tutti i libri che siano mai stati scritti.
Mi sembra incredibile, ma ci credo.
E mi dispiace non poterci essere: per chi può, l’appuntamento
è qui:

OMAT 3 e 4 aprile 2007
Milano - Hotel Executive, viale Don Luigi Sturzo 45

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