26.11.08

Spot reverse

http://it.youtube.com/watch?v=BZF_UGYXeRk&feature=related
Spot della AXA Assicurazioni. Grazie Federica!

Resistete al primo scorrimento, parte subito il secondo.
Parte destruens e parte construens, rovescio e diritto, negativo e positivo. Reminiscenze retorico-filosofiche come le antinomie.
Come si possono usare le stesse parole per dire una cosa ed esattamente il suo contrario.

Le affermazioni del primo scorrimento catturano subito il nostro consenso. Sono le cose che tutti noi pensiamo delle assicurazioni. Un sorta di captatio benevolentiae che attinge al patrimonio delle conoscenze condivise.
Parte il “reverse” e ogni precedente affermazione viene rovesciata. Nel nostro score mentale tutti i punti a sfavore delle assicurazioni vengono cancellati, a uno a uno.

MA attenzione: non si confutano le affermazioni, non ci sono ragionamenti dimostrativi o argomentativi. Qui viene usato il semplicissimo meccanismo “leggi” e “rileggi” di alcune frasi scritte in sequenza.

Nello scorrimento verso il basso si parte con un “Questo è quello che la gente pensa” e si finisce con un “Ma noi di AXA ridefiniamo gli standard”: generico.
Nello scorrimento verso l'alto l’affermazione “Ma noi di AXA ridefiniamo gli standard” non viene ri-letta, ma rimane scritta, in neretto, accompagnata da una brevissima pausa.
La rilettura parte dalla seconda affermazione, dal significato dirompente: “Possiamo far cambiare idea alle persone”. POTERE, CAMBIARE, IDEE. E poi finisce con la frase “Questo è quello che la gente pensa” con l’enfasi su “Questo”.

E poi
• parole semplici e di uso comune: gente/cliente/persone/promesse/fiducia/idea
• aggettivi che mentre la calda voce ce li legge noi pensiamo “magari!”: affidabili/disponibili/attenti/degni di fiducia…
• tanti verbi: pensa, mantengono, crederanno, siamo, pensa, siamo, ci impegniamo, sarebbe, pensare, possiamo, far cambiare, ridefiniamo. Siamo nel regno del pensare, del credere, del fare promesse, del formulare propositi. Non si tocca, né si fa, né si annusa nulla. SI SOGNA.

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Ti aspettiamo a Trieste, al Palazzo della Giunta Regionale, per la presentazione del libro Il linguaggio della salute, il primo dicembre alle 18.00 - sala Predonzani.

25.11.08

solo gesti

E’ una tipica giornata invernale, sta per piovere ed un forte vento gelido soffia incessantemente.
Dopo aver accompagnato i bambini a scuola e all’asilo ed aver cercato parcheggio per circa mezz’ora, scendo finalmente dalla macchina e già nella mente mi si arruffano pensieri di appuntamenti, riunioni, presentazioni, pratiche in sospeso….
Accidenti, ho una pentola a pressione che fischia al posto della testa! Ma ecco che come un fulmine a ciel sereno un lampo squarcia i miei pensieri e mi riporta alla realtà. In un primo memento faccio fatica a comprendere: si tratta forse di un’ idea balenata all’improvviso o di un appunto che mi sono già scordata di nuovo o forse è qualcosa che ho visto e mi ha colpito?
E’ certamente qualcosa che ho visto; il mio sguardo si fa attento e scopro che davanti a me una famiglia formata da mamma papà e figlio cammina sul marciapiede cercando di ripararsi dal forte vento. Ad un tratto la mamma si ferma guarda il figlio che tiene stretta stretta la mano del padre, gli posa una mano sulle spalle lo gira verso di se, gli sorride dolcemente, gli aggiusta il berretto e gli lega per bene la sciarpa, il papà tira fuori un paio di guanti e glieli porge gentilmente.
Io osservo cammino e mi commuovo, loro,soddisfatti e sereni procedono per la loro strada, ed io verso l’ufficio.
Mamma e papà avranno avuto circa settant’anni ed il figlio , down, circa trentacinque.
Quanto amore ho visto in quei gesti, quanto amore senza dire una sola parola.

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21.11.08

La parola si fa muro

La parola:
ponte gettato nel buio tra uomo e uomo.

Non ne ricordo l’autore,
ma certo, più che la paternità,
di questa frase mi colpì l’immagine:
la parola, nella sua funzione di trait d’union,
viene esposta in tutta la sua fragilità,
protesa com’è nel buio della soggettività comunicativa.

Una metafora semplice come quella del ponte,
efficacemente icastica,
sventaglia le sue valenze a seconda del contesto:
nel nostro caso l’accento è posto sul collegamento
tra persone,
altrove invece è sulla distanza:
se c’è bisogno di un ponte significherà che ci sono rive,
sponde, territori separati, ostacoli.

L’altrove di questi tempi è spesso in bocca
quando si parla di “classi ponte”
per bambini e adolescenti non italofoni.
Che taluni insistano a proporcele come opportunità
e vantaggio tout court è in stridente contrasto
con quanto argomentato da chi di bambini e lingua
si intende davvero,
e lo si può ben leggere nella/nota.pdf
redatta da quattro società linguistiche nazionali.

Inascoltati gli esperti,
come spesso accade in quest’epoca di pressapochismo
vorremo forse ignorare che il ponte ventilato
è solo il basamento di un altro muro.



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Ti aspettiamo a Trieste, al Palazzo della Giunta Regionale,
per la presentazione del Linguaggio della salute,
il primo dicembre alle 18.00 - sala Predonzani.
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La comunicazione apre tutte le porte

“garantire a chi viene da lontano informazioni, risposte e possibilità di scambio”

Questo è lo scopo del libro “Una Rete Passepartout” curato dall’Ufficio Relazioni con il Pubblico della Provincia di Milano in collaborazione con il Centro Come (servizio della cooperativa sociale “Farsi Prossimo”, promossa dalla Caritas Ambrosiana).
L’obiettivo dell’URP è sempre stato quello di comunicare efficacemente usando linguaggi comuni e per farlo è fondamentale creare una rete di persone che sviluppino e incrementino i rapporti, le relazioni, le collaborazioni ma soprattutto uniscano gli strumenti per passare da 10 informazioni confuse a 5 chiare.
Una rete di comunicazione efficace e condivisa come strumento per superare le barriere linguistiche e culturali.
Nel libro vengono raccolti aiuti teorici e operativi per gli operatori, come ad esempio riflessioni sulle criticità della comunicazione, sull’importanza e la funzione dei mediatori culturali e sull’esigenza di cambiare i servizi per il cittadino in funzione alla continua evoluzione della domanda.
Inoltre, la Cooperativa Farsi Prossimo (promossa nell’ambito delle attività della Fondazione Caritas Ambrosiana) raccoglie i contributi di docenti di comunicazione, esperti e rappresentanti delle comunità straniere su come gestire il rapporto con chi viene da lontano, dove il linguaggio non é più il principale canale di comunicazione e certamente non il solo.
Il capitolo “Le proposte dei mediatori e mediatrici linguistico-culturali” è dedicato alle esperienze dei rappresentanti delle comunità straniere che sottolineano l’importanza di usare canali stabili per comunicare, adeguati al contesto in cui ci si trova a operare.
Tutti gli Enti e le associazioni che operano con gli stranieri realizzano messaggi, creano strumenti per una comunicazione efficace ed è per questo che è nata l’idea di “Una Rete Passepartout”.
La Rete per favorire e facilitare lo scambio e la comunicazione tra persone straniere e operatori dei servizi italiani, dove il valore della comunicazione assume il suo significato più antico: mettere in comune esperienze, culture e risorse per aiutare gli altri.

Per saperne di più:

URP della Provincia di Milano

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19.11.08

La retorica di Obama

Sul sito della BBC (la famosa British Broadcasting Corporation... mica la RAI, per intenderci!), c'è un interessante articolo sull'ars oratoria di Barack Obama: Oratory and originality. Dove si ribadisce che non è solo questione di parole, ma anche, e soprattutto, di tono: "I've been going through his speeches textually", dice una docente di retorica, "the text alone cannot tell us why they are so powerful, it is about delivery."

Se ne consiglia vivamente la lettura!

17.11.08

Ri-Vivere Ancora

[…] Vivere ancora...
soltanto per un'ora
e per un'ora
averti tra le braccia
e far sparire
per sempre dal tuo viso
ogni incertezza
che ti tormenta ancora […]

La scoperta per una donna di una dura realtà: avere il tumore al seno.
Comincia a scrivere su un diario le tappe del suo percorso e i suoi stati d’animo: la prima reazione alla notizia, la scelta di come e dove curarsi preceduta da una lunga serie di esami, l’intervento chirurgico, l’attesa dell’esame istologico, le cure indispensabili alla guarigione, il rapporto con la sua vita e con i figli, i cambiamenti che un’esperienza del genere provoca dentro e intorno a lei, il rapporto con i medici e con le altre pazienti…
Le tappe della sua storia sono intervallate da interviste con altre pazienti e con medici che spiegano, illustrano, chiariscono ogni aspetto “scientifico” in modo semplice e del tutto esauriente. Interviste realizzate grazie a una lettera che la protagonista ha pubblicato su IO DONNA e al coraggio di tante donne che hanno voluto raccontare la loro storia.
Tanta la voglia di comunicare ma nessun finanziamento.
Grazie a un gruppo di giovani appena usciti dalla scuola di cinema di Milano che hanno creduto in lei, la comunicazione è diventata realtà.
Trasformare un fatto traumatico in un film è stato un modo per reagire da parte della protagonista, ma anche il fatto di documentare con stupore l’efficienza e l’umanità di un ospedale pubblico italiano che non si aspettava di trovare.
“Vivere Ancora”, documentario autobiografico e opera prima di Luisa Morandini.

Quando
Martedì 2 dicembre, ore 21.00

Dove
Spazio Oberdan
Viale Vittorio Veneto, 2 – Milano

Il documentario verrà replicato il 3 dicembre 2008 alle ore 17.00 alla presenza di Luisa Morandini.

Buona visione!

Per saperne di più:
Provincia di Milano, Settore cultura tel. 02-77446371
Fondazione Cineteca Italiana tel. 02-29005659

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13.11.08

SEI SEMPLIFICATO

(se vogliamo chiamarlo eufemismo)

La semplificazione dei linguaggi astrusi
è uno degli obiettivi degli studi linguistici degli ultimi anni.
Si parli di politichese, burocratese, medichese,
dei vari sottocodici e gerghi,
sappiamo bene che l’esigenza di rendere il linguaggio più piano,
aperto alla comprensione quanto possibile di tutti,
è un obiettivo lodevole,
anche promosso dal diffondersi della Rete e delle sue esigenze.

Le figure retoriche ci danno una mano in tale direzione,
capaci come sono di rendere la lingua più vivida, fruibile,
legata alla nostra quotidiana esperienza.
Su questa strada ci sono le perifrasi e gli eufemismi:
le prime esprimono un concetto in modo alternativo a quello più specifico,
e lo fanno proprio per esigenze di chiarezza e opportunità;
i secondi sostituiscono invece un’espressione volgare o troppo cruda
con un’altra meno esplicita,
ma spesso riescono a mantenere ugual efficacia e pregnanza.

E senza dubbio efficaci sono le espressioni ricordate
da Monica D'Ascenzo nel suo bell’articolo che,
analizzando la recessione in atto

e le conseguenti ristrutturazioni aziendali, evidenzia:
«il problema di come comunicare i tagli al personale
è diventato talmente frequente che le società
hanno iniziato a creare un nuovo linguaggio
per preservare un'immagine positiva

nei confronti dei dipendenti e del mercato».
Lo scenario analizzato è quello americano,
e perciò si parla di «re-engineering plan» per annunciare tagli al personale,
di «to became more fit» per snellire la società,
e di «simplification» per giustificare posti di lavoro in meno.

Così la formula «you are simplified»
per dire «sei licenziato»,
ammesso che preservi l’immagine dell’azienda,
pretenderebbe forse dal malcapitato
un impretendibile self control:
semplificato, reso semplice,
alla lettera significa “senza piega”.

Ti licenziano, e forse tu dovresti
non fare una piega, appunto.

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6.11.08

narrare, roba da poeti? non solo...

Ieri un collega, che di mestiere insegna materie scientifiche, mentre bevevamo un caffè al bar, mi fa: "hai visto che al Museo della Scienza e della Tecnica di MIlano presentano il tuo libro, quello sulla comunicazione nella sanità?". "A parte il fatto che io ho scritto solo alcune pagine, vuoi che non lo sappia?" - gli faccio guardandolo con l'occhio di chi dice "ma sei sveglio?". "C'è un link nella home-page", continua. E da lì il discorso va sul libro, sulla comunicazione e sulla narrazione come strumento di analisi e di cambiamento nelle organizzazioni. Poi, visto che a bere un caffè non ci si impiega molto (nel Veneto vale la regola delle tre S per il caffè, che, per essere gustato, deve essere bevuto sentà, cioè seduto, scotà, cioè bello caldo, scrocà cioè a scrocco), ce ne siamo andati per le reciproche strade. Ma, se è vero che dell'evento, ovviamente, ero informato, non mi era venuto in mente di andare a dare un occhio al sito del Museo. Così, tornato in studio, apro il sito e comincio ad andare un po' in giro per vedere come è fatto. Vengo attirato soprattutto da un link, che dice "L'educazione informale". MI chiedo cosa vorrà dire. Leggo, soprattutto dove si parla del 'metodo': "durante le visite guidate i visitatori, attraverso l'osservazione e la narrazione...". Ho un sussulto: oibò, la narrazione!
Già, la narrazione, che allora serve per compiere un "itinerario alla scoperta" di qualcosa. Vale per gli oggetti, vale tanto più per le persone. Narrare, cioè, serve per far sentire vivo ciò che può essere freddo, come un oggetto; può fare vedere i significati, non sempre evidenti, di ciò che facciamo. E non vale solo se scriviamo poesie simboliste; vale anche se scriviamo di cose scientifiche. O di economia, o di marketing. Per arrivare, come ancora si legge nel sito, "ad essere protagonisti nei processi del proprio apprendimento". Insomma, narrando s'impara. Quasi quasi mi faccio offrire un altro caffè dal collega, così glielo spiego.

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Ti aspettiamo al Museo della scienza e della tecnica di Milano, per la presentazione del libro Il linguaggio della salute, il 12 novembre alle 18.30 - sala Cenacolo.

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5.11.08

Ognuno c’ha i sogni che si merita

«Il mio sogno è che si permetta uno scambio di emoticon
in tempo reale per ognuna delle milioni di transazioni
che si fanno ogni giorno con gli uffici pubblici».

Chi parla è Brunetta, ministro della Funzione pubblica.
Di cosa parla – va detto - si fatica a capirlo.
Ma poi inizia a dipanarsi il discorso:
«dovrebbe riguardare la pubblica amministrazione
intesa in senso lato: si potrebbe partire dalla sanità,
e poi la scuola, i tribunali, ma anche le poste».
Basterebbe d’altronde ricorrere alle «faccine,
una grande invenzione postindustriale».
Ma per far cosa?
per esprimere un giudizio sull’operato dei dipendenti pubblici.
Così:
giudizio positivo :-)
giudizio negativo :-(
giudizio mediocre :-I
«All’inizio avremo una fotografia,
successivamente con il bastone e la carota
cercheremo di far convergere chi non si adegua
e poi scatteranno le sanzioni».

Evvai di emoticon! Già, ma evvai chi?
Gli utenti, diamine, o meglio,
come con simpatica sincerità li chiama Brunetta,
i clienti.
«Se l'hanno fatto i cinesi possiamo riuscirci anche noi».

Il sogno americano di Barack Obama da una parte,
il sogno di Brunetta dall’altra.

Mi sa che abbiamo mangiato pesante.

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Un'altra grande lezione



Riconoscere la sconfitta. E trovare le (belle) parole per dirlo. Anche a dispetto del proprio pubblico.

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Yes, we can! (parte 2: il potere delle parole)



Commovente.

(Testo originale (file Word); Traduzione, PDF, da Repubblica.it)

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Yes, we can!

Questo è l'SMS inviato da Barack Obama ai suoi sostenitori, immediatamente dopo aver saputo che lui sarebbe stato il 44° presidente degli Stati Uniti.

Friend
I'm about to head to Grant Park to talk to everyone gathered there, but I wanted to write to you first.
We just made history.
And I don't want you to forget how we did it.
You made history every single day during this campaign
every day you knocked on doors, made a donation, or talked to your family, friends, and neighbors about why you believe it's time for change.
I want to thank all of you who gave your time, talent, and passion to this campaign.
We have a lot of work to do to get our country back on track, and I'll be in touch soon about what comes next.
But I want to be very clear about one thing.
All of this happened because of you.
Thank you,
Barack


Traduzione
Amici
Sto per andare al Grant Park per parlare a tutti quelli che si sono radunati là, ma prima ho voluto scrivervi.
Abbiamo appena fatto la storia.
E non voglio che dimentichiate quello che abbiamo fatto.
Voi avete fatto la storia ogni giorno in questa campagna elettorale,
ogni giorno nel quale avete bussato a una porta, fatto una donazione o parlato ai vostri familiari, amici, e vicini sui motivi per i quali credete sia giunto il momento di cambiare.
Voglio ringraziare tutti voi che avete regalato tempo, talento e passione a questa campagna.
Ora abbiamo molto lavoro da fare per rimettere il nostro Paese in carreggiata, e saremo presto di nuovo in contatto per ciò che deve avvenire.
Ma voglio essere molto chiaro su una cosa.
Tutto quello che è successo è successo grazie a voi.
Grazie,
Barack


Ogni commento è superfluo. Davvero da brividi. Magia della scrittura. E tanto da imparare.

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4.11.08

A muso duro

Quando l’ho letta
mi è salita nel cuore una canzone.
Una canzone di Pierangelo Bertoli,
quella che dà titolo al post.

Non per analogie eclatanti,
ma per quel barbaglio di indomito
che ti fa dire quello che pensi.

E quello che pensa
Oliver Stone questa volta lo scrive
in una/lettera.pdf
che inizia con “Caro Mr. Bush…”
ma che dell’affettuosa apertura epistolare
conserva solo la formula,
volta com’è subito in ironia.

Così, mentre attendiamo di sapere
chi sarà il nuovo Presidente degli Stati Uniti,
salutiamo l’uscente,
bandita ogni nostalgia.
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Chiamatemi Care Giver

Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie
Dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo […]
Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza
Percorreremo assieme le vie che portano all'essenza […]
Ti salverò da ogni malinconia
Perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te
Io sì, che avrò cura di te
(“La cura” di Franco Battiato)



“Colui che si prende cura” = relazione umana con chi ti sta vicino e ha bisogno di te…

Colui che è coinvolto, travolto, assorbito nella cura del proprio caro non autosufficiente, in una assistenza che impegna a livello fisico, mentale, materiale, emotivo, affettivo.
Sul questo importante tema si terrà un convegno con lo scopo di dedicare una giornata a tutte le persone che si prendono cura di qualcuno a loro vicino.
Una giornata volta a riconoscere e valorizzare questo ruolo e a promuovere percorsi di integrazione con le figure professionali e i Servizi di assistenza e cura.
Un evento a cui tutti possono partecipare e che offre opportunità di approfondimento e strumenti operativi alle figure di Assistenti Sociali, Educatori Professionali, Infermieri Professionali, Medici, Operatori Socio Assistenziali, Psicologi, Psicoterapeuti, Terapisti della Riabilitazione, Terapisti Occupazionali.

Vi aspettiamo!

Quando
Giovedì 20 novembre, ore 9.00

Dove
Palazzo delle Stelline – Sala Manzoni, Porta e Verdi
Corso Magenta, 61 – Milano

Per saperne di più:

http://www.grupposegesta.com/
http://www.stelline.it/

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profumo di sorriso

Un paio di settimane fa, i medici hanno consegnato a Linda un fascicolo denso di scritte, informazioni, statistiche sull’anestesia, sui suoi possibili effetti collaterali, sui rischi e sulle controindicazioni. Le hanno detto, lo legga con calma, poi ne discuta con l’anestesista e lo firmi davanti a lui.
Se va tutto bene siamo rovinati! Il tenore delle scritte non è affatto rassicurante e la matematica non è una scienza esatta ma una scienza emotiva.
Chissà perché quando ci dicono che esistono 1 su 100.000 possibilità di vincere la lotteria ci sembra quasi impossibile essere tra i fortunati, ma se le stesse possibilità riguardano esiti nefasti ci sembra possibilissimo che accadano!
Leggendo e rileggendo quei fogli, Linda non si sente affatto tranquilla.
Il giorno dell’incontro con l’anestesista si presenta sotto un'atmosfera piuttosto tesa.
Linda sa di non avere alternative, sa che deve accettare i rischi, ma vorrebbe sentirsi più serena e cerca in fondo a tutti i cassetti del suo cuore un pensiero positivo che le faccia stemperare l’ansia.
Niente da fare. Anche sul telefonino nemmeno un messaggio da parte dei suoi amici più cari. L’unica cosa è raccomandarsi al proprio angelo custode.
Poi si ricorda della sua amica, truccatrice professionista. Lei dice sempre che quando una donna è in ansia, indugiare un po’ di più davanti allo specchio per prendersi cura di sé aiuta moltissimo.
Linda accoglie il consiglio, poi una spruzzata del suo profumo preferito e via verso l’ospedale.
Porta 10 piano secondo palazzina B, .’Bussare ed aspettare’ c’è scritto sulla porta.
Poi lo sguardo di Linda viene catturato da un poster giallo dal titolo L’anestesista: il tuo angelo custode.
Ecco l’ancora positiva che cercava! Un pallido sorriso incomincia a fare capolino sul volto di Linda.
Poi l’infermiera apre la porta. Si avvicina a Linda per prendere la documentazione e indugia accanto a lei. E timidamente le sussurra signora sa che ha un buonissimo profumo, posso annusarla ancora un po’?
A questo punto Linda è proprio sorridente ed entrando nella stanza dei medici dice allora siete voi i miei angeli custodi? Lieta di conoscervi! E i medici rispondono No signora noi siamo solo una stretta rappresentanza, i suoi angeli custodi sono più di 50 in questo ospedale e tutti preparatissimi, si fidi di noi, le saremo sempre accanto durante l’intervento e vedrà che andrà tutto bene.

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3.11.08

Raccontare e raccontarsi

Che l'uomo sia un animale sociale l'ha già detto qualcuno (Seneca per primo). Che ogni forma di narrazione (e quindi in primo luogo la letteratura) sia anche fatto sociale, lo diceva già Hegel e poi l'hanno ulteriormente chiarito Comte e i suoi seguaci, fino alla nascita della moderna sociologia della letteratura. Che però la narrazione, specie quella di natura biografica, possa essere uno strumento di analisi qualitativa di ogni realtà del sociale (sociologica e psicologica, ma anche di ogni forma di organizzazione) è acquisizione invece più recente ed ha - non a caso - la sua origine negli Stati Uniti, verso la fine del XIX secolo. Da allora l'uso della narrazione come strumento di comprensione del sociale si è molto affinato e trova - come già abbiamo visto in altri post - ampio uso nello studio delle organizzazioni economiche (aziende, enti, società...). Nello studio, dicevamo, ma anche nel cambiamento. D'altronde viene proprio dagli Stati UNiti un volume vecchio già di una trentina d'anni sulla stampa come fattore di mutamento; sulla stampa di libri si intende, e quindi soprattutto di libri che raccontano, in prosa o in versi.
Di tutto ciò si occupa un bel libro di una collega dell'Università di Verona: Raccontare e raccontarsi. L'approccio biografico nelle scienze sociali, di Cristina Lonardi (Verona, QuiEdit)
Un volume che si legge con facilità e che fornisce un quadro efficace di cosa significhi l'approccio biografico in ambito sociologico. E che apre, soprattutto, ampie possibilità di riconsiderare la narrazione nell'ambito delle organizzazioni economiche, che sono pur sempre fatte di uomini e donne, con una storia individuale e collettiva che, sempre, val la pena raccontare.

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2.11.08

Madonega!

"Madonega!" Loro la esprimono così l'espressione di stupore o di meraviglia. "Loro" sono i trentini: che non sempre stanno lì a trotterellare. Anzi, a dire il vero, mi sembra proprio che corrano, tanto sono "avanti".

Ce l'ha già fatto intuire Ale, il nostro altro blogger, con un messaggio di qualche giorno fa. Lo posso confermare anch'io, che con l'Ale (come si fa a Trento, con l'articolo davanti al nome) ho potuto verificare di persona quanto sia vero, andando su, in val di Fiemme, a parlare di narrazione d'impresa a quelli della Cassa Rurale. Per parlare di parole cioè, di quelle, in particolare che servono per raccontare. Anche in azienda, anche in banca. Mica per contarla su e basta! Ma per dare il benvenuto ad uno nuovo dipendente, per relazionare sul corso che hanno appena seguito, per far capire il processo di aggregazione con altre banche o addirittura per redigere il capitolo introduttivo di un libro (che parla di narrazione d'impresa, ovviamente). Leggere, per credere.

Le storie che hanno saputo inventare sono insieme belle ed efficaci, e trasmettono insieme valori e conoscenza. E le hanno sapute tirar fuori dal chiuso di una sala, ma aprendo la loro mente a ciò che hanno intorno, persone, territorio, storie. Da Tesero, in val di Fiemme, credo, una lezione su come si può lavorare bene con efficacia, magari anche divertendosi. Madonega, questi fiemmesi sono proprio in gamba... (a qualche bauscia verrà anche un po' di invidia, c'è da scommettere).

/CRFiemme%2028%20ottobre%202008.pdf

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