La mente è ora più che mai abituata a procedere per calcoli:
quello che già Heidegger individuava come pensiero
“solo capace di far di conto”. Procede per
convenienze,
ma si perde tutto il resto: bellezza, etica, onestà, responsabilità.
Inizia così
Umberto Galimberti al
Festival della Mente di Sarzana.
E prosegue: questo è il frutto di una mentalità di impianto economico:
significativamente nasce col concetto di
ratio come calcolo
delle equivalenze: 1 vitello = x tacchini?
Insomma, la logica del
redde rationem.
Anticamente esisteva lo scambio simbolico: il dono del capo tribù a usura
(chi più può, più regala), in un processo a rialzo che esprimeva il potere,
una sfida tra soggettività (ancora oggi implicitamente presente nel dono).
Con l’intervento della ragione economica, le soggettività fuoriescono
dal gioco e vi si sostituiscono i valori delle cose.
Quest’espulsione della
soggettività si afferma peraltro con la filosofia
platonica: soggettività e mondo sensibile sono considerati fallaci,
l’approdo a impersonali
idee e
numeri garantirà l’auspicata astrazione.
Perciò il
linguaggio simbolico, nato da immagini e sensibilità soggettive,
e quindi caratterizzato da una componente emotiva forte
ma limitata in quanto a universalità comunicativa, va eliminato:
significativo è il disprezzo che Platone manifesta, per esempio,
verso i poeti. Ciò che non è accettabile in loro è la contaminazione
dei significati: la Luna sarà la Luna, e non altro.
E Galimberti sintetizza la rigorizzazione che di questi principi fa la scienza,
dal Cinquecento in poi, in una progressiva esclusione del mondo della vita.
Fino ad arrivare alla
tecnica, cui sudditamente guarda l’economia,
guardata a sua volta dalla politica, guardata infine dall’
essere umano,
anello debole in una catena che si ispira a funzionalità ed efficienza,
e che chiaro propugna l’assioma della sostituibilità.
Così, nuovi uomini parcellizzati, nuove patologie (è il senso
di insufficienza, del non-farcela, del non-essere-all’altezza
la prima causa delle attuali depressioni), e via dicendo.
È un peccato non riportare qui tutta la lectio (e spero che gli organizzatori
la mettano a disposizione on-line, come già hanno sapientemente
fattoper gli interventi degli scorsi anni), ma tra tutto quello che Galimberti
ha detto e merita di essere meditato
scelgo di chiudere con questa sua riflessione:
la tecnica e le sue leggi circoscrivono pensiero e linguaggio:
rifiutate soggettività e sovrabbondanze, e sulla via di estinguere
il pensiero problematico, ci si arena sull’intelligenza binaria:
sì-no, al limite anche:
non so.
Che sul pensiero binario si organizzino anche maturità, prove di ingresso
all’università, etc. etc. è –del resto- questione calda.
A farne le spese, oltre all’apparato emotivo rattrappito
(e qui si aprirebbe un bel link a certo modo di fare notizia)
sta la nostra complessiva
capacità di comunicarecon noi e gli altri, e con le culture altre,
per cui il pensiero calcolante non basta:
recuperare il pensiero simbolico è accettare e desiderare di capire
come l’altro vede il mondo.
Mica fichi.
* il titolo allude a quanto scritto sul frontespizio dell’Accademia di Platone. Galimberti ne parla anche qui.Etichette: persone e parole